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3 agosto 2020

“Outcome pregiato”
Formula 1 GP di Gran Bretagna: Lewis Hamilton irride la rogna


gran bretagna 2020 f1 hamilton mercedes redf1gp| F1 GP Gran Bretagna 2020, Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 - FOTO BY AYM Sports |
Silverstone. Lewis Hamilton vs Valtteri Bottas, un duello per il campionato destinato a una conclusione ovvia, anche dopo la prima Gran Bretagna di stagione: non importa quanto a lungo "Wingman" lotterà per il titolo secondo l'aritmetica, alla fine sarà il campione affermato a prevalere, quel Lewis Hamilton destinato a un inesorabile avvicinamento, superamento di quei numeri che dai tempi di Michael Schumacher sembravano ineguagliabili. Tutta fortuna? Forse, o forse no, alla fine le fortune vanno costruite.

È indubbio che il tifoso ferrarista provi disappunto, noia o indignazione di fronte al dominio altrui, sensazioni più dettate dal colore argenteo-nero delle vetture, piatto al confronto con il rosso Ferrari o con il suo più recente sostituto, il rosso opaco. Numeri che con indosso la tuta giusta sarebbero stati accettati più facilmente e magari accolti con entusiasmo, adesso vengono considerati la rovina di uno sport del cui passato avvincente si parla con nostalgia.

Guardando al di là del tifo, tuttavia, noi appassionati di epoca non proprio recente, a nostro tempo abituati a seguire le scalate ai record di Michael Schumacher, possiamo cercare di raccogliere quel poco di positivo che la mancanza di vera competizione ci riserva: un giorno potremmo raccontare alle nuove generazioni di avere visto il percorso in Formula 1 non dell'unico pilota più vincente di sempre, ma dei due più vincenti di sempre, e magari di avere avuto sensazioni diverse, sia in un senso sia nell'altro.
Potremo raccontare ai nostri figli o ai nostri nipoti di quando a Silverstone l'imperatore vestito di rosso vinse contro ogni aspettativa passando per la pitlane, fermandosi a scontare una tardiva penalità dopo avere tagliato il traguardo, così come di quando l'imperatore vestito di grigio vinse sullo stesso tracciato, ventidue anni più tardi, con la vettura strisciante sull'asfalto a causa di un cedimento di uno pneumatico occorso durante l'ultima tornata, nonostante il sempre affamato Max Verstappen in agguato.

Potremmo narrare ai bambini del domani di quanto fondoschiena abbia avuto quel pilota con le treccine, a portare a casa una vittoria che sembrava ormai gettata alle ortiche. E allora, forse, i bambini del futuro, che non hanno assistito agli anni del dominio Mercedes, ci chiederanno: «Perché ha vinto di fortuna? Non ha forse passato in testa tutta la gara, dall'inizio fino alla fine, senza lasciare mai la leadership? Non sarebbe piuttosto da considerarsi un outcome pregiato?»

Bensì, l'outcome sfortunato è quello capitato a "Woodman": secondo fin dal primo giro, mai veramente di disturbo al suo compagno di squadra, stava portando a casa uno di quei risultati solidi per tenersi in lotta per il titolo, almeno sulla carta, almeno fino a ottobre. Mancavano due giri alla fine quando è stata una delle sue gomme a dare forfait, troppi chilometri prima della bandiera a scacchi, una mazzata dal punto di vista della classifica, un 25:0 pesante, sebbene a un Bottas iridato 2020 non ci crede comunque nessuno, e non da, per questa Silverstone.
Fortuna di Hamilton? Sfortuna di Bottas? La fortuna di uno che si compensa con la sfortuna dell'altro? Oppure la vera "predestinazione", di cui tanto si ama parlare in tempi recenti, è quella a cui abbiamo assistito in questo fine settimana? Domande a cui nessuno può dare risposta, anche se le immagini sono d'aiuto: mentre uno passava sotto la bandiera a scacchi, l'altro si piazzava undicesimo, nel più vano tentativo di sorpasso nei confronti di Vettel, al volante di una Rossa che in questo fine settimana sembrava come non mai un mezzo di fortuna.

Difficile arrivare a conclusioni univoche, anche per uno sport che amiamo e conosciamo meglio delle nostre tasche. Impossibile non lasciarsi influenzare dai nostri desideri e ciò che ad oggi appare come uno scandalo o un oltraggio, magari non ci avrebbe fatto né caldo né freddo in passato. Se fosse capitato sedici anni fa, con Michael al posto di Lewis e Rubens al posto di Valtteri, ne sarebbero uscite fuori gloriose affermazioni sul primo, battute sul secondo sempre in balia di circostanze strane, al limite del tragicomico.

Michael lo chiamavano "cannibale", perché spesso e volentieri divorava avversari con una supremazia netta, ma allo stesso modo faceva delle situazioni avverse la propria linfa vitale, domandole con sublime maestria. Ci sta il non volere riconoscere in questo "nuovo cannibale" il suo erede contemporaneo, ma ricordiamoci che, quando eravamo ragazzini e affermavamo «Schumacher è uno dei piloti migliori di sempre», qualcuno replicava, pur restando con la mente a Maranello: «Facile dirlo, se non hai mai visto gareggiare Lauda o Villeneuve».

Milly Sunshine.

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