Non basterebbero 1000 immagini per far capire cosa non c'è nel Principato di Monaco in occasione del GP di F1. Di certo è una tappa storica, tant'è che quest'anno è giunto alla sua 59° edizione (aggiornerò la cifra in caso di errore) valida come prova del Campionato Mondiale di Formula 1. Per dirla in termini tennistici, è il primo Grande Slam della Stagione.
La Costa Azzurra è una macro-area geografica del sud della Francia fondata sul turismo, ed è una meta amata dai ricchi. Montecarlo costituisce il fiore all'occhiello della costa azzurra, ma pur non costituendo un centro economico e/o finanziario del mondo, come lo è Singapore, è la vetrina ideale per le personalità in vista a livello planetario, soprattutto nel weekend di gara.
Chi ha avuto il piacere di visitare il Principato ha di certo potuto constatare il fascino che lo caratterizza. Si passeggia tra Ferrari, Lamborghini, Porsche, Aston Martin. Nel porto sono ormeggiati panfili giganteschi. Ed i casinò costituiscono l'attrazione caratteristica di chi, avendone le possibilità, decide di trascorrere del tempo nel Principato. E le donne...
Per questa connotazione glamour, le stradine del Principato che ospitano il gran premio, non possono che costituire l'habitat naturale per uno sport affascinante quale è la Formula 1.
Ma di habitat naturale si tratta soprattutto per la sfida di pilotaggio e tecnologica estrema offerta da suddette stradine. Ed è su questo che vorrei vi focalizzaste.
Per il pilota non esiste la possibilità di tirare un sospiro di sollievo in un giro di pista per ognuno dei 3340 metri che la costituiscono. Non so se rendo l'idea.
Le traiettorie sono obbligate, non c'è margine di errore in quanto i guard rail attendono beffardi di essere impattati dalle monoposto. Eppure quell'unica traiettoria, o linea che dir si voglia, è fonte di differenze cronometriche, talvolta notevoli tra chi la disegna.
Tombini, avvallamenti, il salto sui cordoli, frenate e scalate in curva, non uno di questi e queste può essere dimenticato in ogni giro che si percorre. Ed i derivanti effetti destabilizzanti sull'assetto delle monoposto non devono superare il valore limite, pena che si traduce in perdita di aderenza e conclusione dei giochi sulle barriere.
Per questa serie di problematiche, quell'unica traiettoria ammessa assume i connotati di una interpretazione tutt'altro che banale o scontata. Anche in questo il Principato non offre sconti.
Lungo quei 3340 metri il pilota deve temporizzare le singole azioni di guida da attuare in ogni singolo metro, millesimo per millesimo. Frenare 2 millesimi dopo il punto opportuno potrebbe costituire un ritardo cronometrico non indifferente. Il tempo mangia se stesso, e costituisce la variabile più importante che il pilota deve gestire.
Le monoposto necessitano di un setting dedicato e singolare. Altezza da terra elevata. Rigidezza delle sospensioni bassa. Angolo di sterzata maggiorato. Angoli delle sospensioni aumentati. E soprattutto carico aerodinamico elevatissimo.
Le tante curve a bassa velocità richiedono un elevato carico aerodinamico per agevolare l'inserimento e la percorrenza di curva, e la trazione in uscita. Allo stesso tempo il carico aerodinamico deve aiutare il pilota in tutte le frenate ivi presenti, critiche sia per le velocità elevate di inizio frenata, che per le traiettorie non rettilinee dei punti di frenata. Ed inoltre deve consentire di recuperare buona parte dell'efficienza aerodinamica complessiva persa per l'altezza elevata del fondo vettura, in modo da limitare gli effetti destabilizzanti.
Le squadre approntano dei setting meccanici esclusivi per affrontare questo gran premio, ed introducono dei pacchetti aerodinamici esclusivi. Parimenti i piloti si preparano fisicamente e mentalmente al gran premio piú provante di tutti. Il tutto per far fronte nel migliore dei modi alle problematiche particolari che caratterizzano questa sfida unica.
Il decorso della gara potrebbe sembrare, per i meno addentrati, noioso. Ma provate a pensare alla sfida che impone questo gran premio. Forse apprezzerete e comprenderete il perchè da quasi 60 anni questo appuntamento è onnipresente nel calendario.
Nelle stradine del Principato la Formula 1 trova tutto quello che le serve per esaltare le sue caratteristiche più affascinanti, sia di natura tecnica, sia di guida e sia di immagine.
Gianluca Langella.
Chi ha avuto il piacere di visitare il Principato ha di certo potuto constatare il fascino che lo caratterizza. Si passeggia tra Ferrari, Lamborghini, Porsche, Aston Martin. Nel porto sono ormeggiati panfili giganteschi. Ed i casinò costituiscono l'attrazione caratteristica di chi, avendone le possibilità, decide di trascorrere del tempo nel Principato. E le donne...
Per questa connotazione glamour, le stradine del Principato che ospitano il gran premio, non possono che costituire l'habitat naturale per uno sport affascinante quale è la Formula 1.
Ma di habitat naturale si tratta soprattutto per la sfida di pilotaggio e tecnologica estrema offerta da suddette stradine. Ed è su questo che vorrei vi focalizzaste.
Per il pilota non esiste la possibilità di tirare un sospiro di sollievo in un giro di pista per ognuno dei 3340 metri che la costituiscono. Non so se rendo l'idea.
Le traiettorie sono obbligate, non c'è margine di errore in quanto i guard rail attendono beffardi di essere impattati dalle monoposto. Eppure quell'unica traiettoria, o linea che dir si voglia, è fonte di differenze cronometriche, talvolta notevoli tra chi la disegna.
Tombini, avvallamenti, il salto sui cordoli, frenate e scalate in curva, non uno di questi e queste può essere dimenticato in ogni giro che si percorre. Ed i derivanti effetti destabilizzanti sull'assetto delle monoposto non devono superare il valore limite, pena che si traduce in perdita di aderenza e conclusione dei giochi sulle barriere.
Per questa serie di problematiche, quell'unica traiettoria ammessa assume i connotati di una interpretazione tutt'altro che banale o scontata. Anche in questo il Principato non offre sconti.
Lungo quei 3340 metri il pilota deve temporizzare le singole azioni di guida da attuare in ogni singolo metro, millesimo per millesimo. Frenare 2 millesimi dopo il punto opportuno potrebbe costituire un ritardo cronometrico non indifferente. Il tempo mangia se stesso, e costituisce la variabile più importante che il pilota deve gestire.
Le monoposto necessitano di un setting dedicato e singolare. Altezza da terra elevata. Rigidezza delle sospensioni bassa. Angolo di sterzata maggiorato. Angoli delle sospensioni aumentati. E soprattutto carico aerodinamico elevatissimo.
Le tante curve a bassa velocità richiedono un elevato carico aerodinamico per agevolare l'inserimento e la percorrenza di curva, e la trazione in uscita. Allo stesso tempo il carico aerodinamico deve aiutare il pilota in tutte le frenate ivi presenti, critiche sia per le velocità elevate di inizio frenata, che per le traiettorie non rettilinee dei punti di frenata. Ed inoltre deve consentire di recuperare buona parte dell'efficienza aerodinamica complessiva persa per l'altezza elevata del fondo vettura, in modo da limitare gli effetti destabilizzanti.
Le squadre approntano dei setting meccanici esclusivi per affrontare questo gran premio, ed introducono dei pacchetti aerodinamici esclusivi. Parimenti i piloti si preparano fisicamente e mentalmente al gran premio piú provante di tutti. Il tutto per far fronte nel migliore dei modi alle problematiche particolari che caratterizzano questa sfida unica.
Il decorso della gara potrebbe sembrare, per i meno addentrati, noioso. Ma provate a pensare alla sfida che impone questo gran premio. Forse apprezzerete e comprenderete il perchè da quasi 60 anni questo appuntamento è onnipresente nel calendario.
Nelle stradine del Principato la Formula 1 trova tutto quello che le serve per esaltare le sue caratteristiche più affascinanti, sia di natura tecnica, sia di guida e sia di immagine.
Gianluca Langella.