ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“Mongolfiera rossa”
Formula 1 Se Schumi fosse nato nella DDR


schumacher ddr f1 redf1gp| F1, Michael Schumacher - FOTO BY ---- |
La Formula 1, all'oggi uno sport sperato globale, cercato dalla Russia, imposto negli Stati Uniti. Sognato o comunque fallito in altri grandi stati del mondo. Ignorato nel principio della Guerra Fredda dalla Germania Est, quella sovietica, la Deutsche Demokratische Republik. La famigerata menzogna democratica della DDR, un mostro affetto dal comunismo più decadente, ma pur sempre avverso ad una espressione del capitalismo come il motorsport. E se Schumi fosse nato nella DDR...



Il 1969 per la Germania Est significava l'ottava annualità in primissima linea al fronte orientale della cortina di ferro materializzata dal Muro di Berlino. E quel pargolo di nome Michael forse avrebbe concepito proprio a ridosso della fine di quella frontiera da ghetto d'avanguardia la dannosità di essere stato un compagno nei suoi primi vent'anni. Sull'onta della fede nella perfetta, sana, incrollabile ideologia del Partito di Unità Socialista di Germania.

Quella lingua di suolo tedesco strappata alla sua gemella dell'Ovest, rimasta per quarant'anni al palo, privata del progresso, marchiata all'interno alla stregua di una qualunque entità statale dell'allora URSS. E se papà Rolf si fosse trovato "bloccato" nella Germania comunista con Elisabeth, perché no, per lavoro proprio a Berlino Est, lì dove avrebbero dato alla luce quel 3 gennaio del '69 il loro primogenito, invece che ad Hürth, come avrebbe potuto mettere suo figlio all'età di 4 anni sui kart come a Kerpen?

In uno stato dove la più decantata espressione automobilistica si incarnava nella Trabant, o nella Wartburg, case produttrici di auto popolari, utilitarie senza sentimenti, riluttanti alla lussuosità, usate per velleità sportive da gare turismo. Una terra disturbata dai motori internazionali a due ruote del motomondiale, dove al Sachsenring Mike Hailwood e Giacomo Agostini dominarono dal '61 fino al '72, quando la leadership sportiva della DDR decise di interrompere tutti i contatti in discipline non olimpiche con atleti occidentali.

Come avrebbe potuto Schumacher Senior consegnare ai posteri, alla Germania, al motorsport uno come suo figlio Michael? Sarebbe stato impossibile senza una fuga da quel Far Est europeo in tempi celeri, agli albori degli anni Settanta. Forse, gli Schumacher di Berlino Est sarebbero diventati famosi e passati alla storia solo per essere stati tra i pochi a fuggire ad Ovest, da sopra o da sotto quella maledetta barriera di cemento. Linda e sorvegliatissima con la striscia della morte lato socialista, schernita e sfruttata come tela per la street art lato federale.

Forse sarebbe stata la famiglia Schumacher a sorvolare l'epocale cortina di ferro con una mongolfiera colorata, cucita in grande segreto in casa dalla signora Elisabeth e montata da Rolf, Michael e Ralf, come fecero gli Strelzyk e i Wetzel nel 1979, o come fecero con altre leggendarie, brevettabili pratiche escapologiche i famigerati fratelli Bethke. Prima Ingo, poi Holger, infine Egbert, volato via, al di là del muro, solo nel 1989, su uno dei due deltaplani a motore pilotati dai suoi fratelli "pionieri" dell'adiacente Occidente a partire dal 1975.

Se Schumi fosse rimasto in DDR in quei suoi primi vent'anni chissà quando avrebbe saputo di J.F.K. proferire nel 1963 «Ich bin ein Berliner» ai cittadini del sindaco federale Willy Brandt. Sarebbe stato idealmente spiato dal compagno dei compagni, l'occhialuto e stempiato Erich Honecker, a mezzo quadretto alla Stalin a scuola, sul luogo di lavoro, in un tram, in macchina. A casa. Sarebbe rimasto sotto forma di fascicolo personale negli archivi segreti della STASI, la vera production del Grande Fratello della DDR, come dissidente, trafficante di letteratura indesiderata, innocuo compagno diligente. Semmai, infido informatore.

Altro che salto dai kart alle monoposto, nell'Est sarebbe potuto diventare un fenomenale pilota, l'erede della leggenda Ulli Melkus nei campionati a ruote scoperte DDR-Meisterschaften e DDR-Bestenermittlungen. E nel 1987, tra un cetriolino dello Spreewald e l'altro, dalla sua officina avrebbe assistito Ronald Reagan pronunciare davanti alla Porta di Brandeburgo «Mr. Gorbaciov, tear down this wall!». Un'ufficiosa conferma sulla dissoluzione della decennale "parata" nucleare degli euromissili, un segnale dell'inesorabile marcia di sfondamento bilaterale a mo' di carrarmato verso il Muro di Berlino. Fino alla notte del 9 novembre 1989, troppo tardi per diventare pilota Mercedes con Karl e Heinz-Harald, per conoscere quella Corinna.

E dalla chance di essere filmato per l'eternità al fianco di Lilli Gruber, a cavallo di quei costoni presi a picconate nell'euforica caduta della trincea emersa emblema della Guerra Fredda, siglare la fine di quei due decenni fuori dal mondo, finalmente libero dall'insostenibile follia ideologica comunista della DDR. Tutta un'altra vita per Michael Schumacher, vuota della sua leggendaria storia in F1, del glorioso capitolo Ferrari. Di quel crudele muro traumatologico issatosi sulle nevi di Meribel, dal quale pare impossibile levarsi per una fuga verso la vita in mongolfiera rossa.

Gianluca Langella.

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