ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“Trittico giapponese”
Formula 1 Suzuki, Sato e Kobayashi, samurai da podio


suzuki sato kobayashi random f1 redf1gp| F1 Aguri Suzuki, Takuma Sato, Kamui Kobayashi - FOTO BY sport.sky.it |
Da decenni, ormai, c'è una grande verità sulla quale la maggior parte degli appassionati di Formula 1 concordano. Riguarda i piloti giapponesi, generalmente descritti come inadatti al motorsport occidentale, troppo sguaiati, troppo caotici... in una parola, scarsi. Diversamente dalle altre nazionalità, secondo un certo immaginario collettivo, funziona che un giapponese scarso rende scarsi, nonostante Aguri Suzuki, Takuma Sato e Kamui Kobayashi vantano ciascuno più podi di Nico Hulkenberg.


Il capostipite dei nipponici da top-3 è Aguri Suzuki, che ha mosso i propri passi nella massima serie tra la fine degli anni '80 e la prima metà degli anni '90. Snobbato da Murray Walker, che una volta ha definito Ukyo Katayama come il miglior pilota giapponese di sempre (o almeno è l'interpretazione data a una sua storica gaffe, secondo cui Katayama era il "miglior pilota di sempre"), il futuro titolare della Super Aguri ha fatto il proprio esordio come one-off alla Larrousse nel 1988, per poi passare l'anno dopo alla Zackspeed. E una serie di mancate pre-qualifiche ha suggerito l'infelice passaggio di sedile.

L'anno della svolta è stato il 1990, con il ritorno alla Larrousse. Con la sua vettura multicolore e la sua tuta a ricordare vagamente un abito da clown per quanto sgargiante, Suzuki-san è stato in quella stagione il primo pilota asiatico a vedere la gloria del podio, con il suo terzo posto a Suzuka, dietro alle Benetton di Piquet e Moreno. Insieme ai due brasiliani, detiene ancora al giorno d'oggi un singolare record: l'ultimo podio della F1 sul quale non è salito nemmeno un pilota europeo.

Purtroppo la gloria di questo simpatico pilota è finita lì: rimasto in Formula 1 in pianta stabile fino al 1993 tra Larrousse e Footwork, per poi fare comparse occasionali in Jordan e Ligier nei due anni a venire, si è quasi sempre tenuto a debita distanza dalla zona punti, ottenendo due rari sesti posti. Al giorno d'oggi ce lo ricordiamo di più per avere messo in piedi una squadra alquanto pittoresca, il cui pilota più celebre è stato Takuma Sato, curiosamente il secondo nipponico nella storia della Formula 1 a salire sul podio, terzo come Aguri Suzuki, ma non in patria.

Fortemente voluto dalla Honda, il "piccolo samurai", come veniva definito nelle telecronache nostrane ai tempi, Sato ha fatto il proprio esordio in F1 nel 2002 al volante della Jordan, per poi passare alla B.A.R., con la quale ha vissuto alti e bassi. Tra gli alti svetta il suo terzo posto al GP degli Stati Uniti 2004 sul circuito ricavato all'interno dell'ovale di Indianapolis, seppure favorito dalla squalifica giunta in corso d'opera a Juan Pablo Montoya. I primi due classificati erano Michael Schumacher e Rubens Barrichello: se la Ferrari non fosse stata tanto dominante, quell'anno... va beh, questa è un'altra storia. Tra i bassi va citata la sua disastrosa stagione 2005.

"Esiliato" in Super Aguri la stagione successiva, con la piccola lumaca di quegli anni ha ottenuto qualche prestazione degna di nota. Dopo una breve parentesi come test driver della Toro Rosso (ha anche guidato la vettura vincente di Monza 2008, fortunatamente lasciandola intatta) è emigrato negli Stati Uniti, dove viene tendenzialmente amato per il suo stile di guida talvolta folle ed esagerato. Alti e bassi, anche in America, con l'apice del successo raggiunto nel 2016 quando ha vinto la Cinquecento Miglia nella "sua" Indianapolis.

L'ultimo pilota giapponese visto finora in Formula 1 è Kamui Kobayashi: debuttato a stagione inoltrata nel 2009, ha trascorso le tre stagioni successive alla Sauber, per poi fare le sue ultime apparizioni nel 2014 alla Caterham. Il momento più importante della sua carriera in F1 è arrivato, come per Aguri Suzuki, proprio a "casa sua" (si intende in Giappone, dato che sappiamo dalle telecronache che Kamui-san era "senza fissa dimora"), nel 2012, quando è giunto terzo alle spalle di Sebastian Vettel e Felipe Massa (curiosamente, ogni volta che un giapponese va a podio, deve esserci almeno un brasiliano).

Il suo piazzamento a podio, che permane l'ultimo per la Sauber, è stato accolto con molta gioia dal pubblico festante di Suzuka e ha portato molti addetti ai lavori a definire Kobayashi come il miglior pilota giapponese che abbia mai gareggiato in F1. Al momento attuale sta raccogliendo successi altrove: vincitore della 24 Ore di Daytona 2019 insieme a Fernando Alonso, Jordan Taylor e Renger Van Der Zande, è stato in lotta per la vittoria alla 24 Ore di Le Mans, non riuscendo col suo equipaggio a battere l'altra Toyota di Alonso, Buemi e... Nakajima.

Se Suzuki e Sato non vengono affatto ricordati per i loro piazzamenti a podio, con Kobayashi le cose sono almeno in parte cambiate, ma il Giappone è ancora ben lontano dall'essere considerato patria di piloti memorabili per ragioni positive. Ad alcuni anni di distanza non sappiamo quale sarà il prossimo pilota giapponese a gareggiare come titolare in Formula 1, ma rimane la speranza che il fortunato possa contribuire meglio dei suoi predecessori a far dimenticare certi pregiudizi ancora radicati tra gli appassionati di motori.

Milly Sunshine.

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