
Questioni di casistica, di piloti sull'onda del successo travolti da trame occulte, interessi all'apparenza superiori. I designati a ruolo di prima guida, i sacrificati per ragion di stato varie ed eventuali. Senza andare troppo a guardare un lontano passato, quale il caso più emblematico? Implicazioni sepolte, pronte a tornare con connotazioni irriverenti, senza riguardo alcuno.
"La magia (bastarda) di Horner "
2010: una stagione da incorniciare per la F1 con quattro piloti ancora in lizza per il titolo all’ultima gara. Ad Abu Dhabi, Alonso, Webber, Vettel e Hamilton sono vicinissimi in classifica. Lo spagnolo della Ferrari è in testa, pare il favorito, mentre i due della Red Bull Racing (team rivelazione dell’anno) sono afflitti da una lotta intestina che li ha visti protagonisti durante tutta la stagione.
Sul circuito di Yas Marina va in scena un’eccellente gara di Vettel e Hamilton. All’inglese, però, il risultato non basta per arrivare alla corona iridata. Dietro di loro, Webber e Alonso debbono inseguire. È qui che accade la magia (bastarda) firmata Chris Horner: Mark Webber è obbligato a una sosta anticipata, rientra dietro il “mucchio” e lascia ogni speranza di vincere la gara e il titolo. Vettel sfreccia in prima posizione, ma la Ferrari ha altri piani: stare davanti al pilota australiano, il più consistente durante l’anno, il più temuto. Nonostante alcune prestazioni vetteliane eccellenti, il nemico resta Webber. Alonso viene richiamato ai box pochi giri dopo. Tutto sembra filare liscio: l’asturiano rientra in pista davanti al primo rivale per il titolo.
Ma in realtà il colpaccio Horner è andato a segno eccome. Fernando resta dietro, imbottigliato nel traffico. Ancora peggio va a Mark, mentre Sebastian sfreccia guadagnando secondi preziosi su un Hamilton velocissimo.
Il resto è storia. Alonso non riesce a superare la Renault di Petrov e Vettel vince il titolo. Lo vince meritatamente, in termini puramente prestazionali è stato il più forte dell’anno, con dei picchi degni di un campione del mondo. Ma… Webber?
Ecco, Mark Webber è l’altra faccia della medaglia: costante, feroce, capace di portare in fondo una stagione di alta classe con 5 pole position e 4 trionfi (tra cui Montecarlo). Una stagione, la sua, che nel finale in Red Bull decidono di sacrificare. Così, brutalmente, senza esitazioni. Webber diventa l’esca buona a cui la Ferrari abbocca, il dito (Mark) che indica la luna (Vettel).
Tradimento o genialata da parte di Horner? Forse entrambe le cose. Ad Abu Dhabi nasce una stella – quella di Vettel – ma se ne spegne un’altra: quella elegante e carismatica di Mark Webber.
Sul circuito di Yas Marina va in scena un’eccellente gara di Vettel e Hamilton. All’inglese, però, il risultato non basta per arrivare alla corona iridata. Dietro di loro, Webber e Alonso debbono inseguire. È qui che accade la magia (bastarda) firmata Chris Horner: Mark Webber è obbligato a una sosta anticipata, rientra dietro il “mucchio” e lascia ogni speranza di vincere la gara e il titolo. Vettel sfreccia in prima posizione, ma la Ferrari ha altri piani: stare davanti al pilota australiano, il più consistente durante l’anno, il più temuto. Nonostante alcune prestazioni vetteliane eccellenti, il nemico resta Webber. Alonso viene richiamato ai box pochi giri dopo. Tutto sembra filare liscio: l’asturiano rientra in pista davanti al primo rivale per il titolo.
Ma in realtà il colpaccio Horner è andato a segno eccome. Fernando resta dietro, imbottigliato nel traffico. Ancora peggio va a Mark, mentre Sebastian sfreccia guadagnando secondi preziosi su un Hamilton velocissimo.
Il resto è storia. Alonso non riesce a superare la Renault di Petrov e Vettel vince il titolo. Lo vince meritatamente, in termini puramente prestazionali è stato il più forte dell’anno, con dei picchi degni di un campione del mondo. Ma… Webber?
Ecco, Mark Webber è l’altra faccia della medaglia: costante, feroce, capace di portare in fondo una stagione di alta classe con 5 pole position e 4 trionfi (tra cui Montecarlo). Una stagione, la sua, che nel finale in Red Bull decidono di sacrificare. Così, brutalmente, senza esitazioni. Webber diventa l’esca buona a cui la Ferrari abbocca, il dito (Mark) che indica la luna (Vettel).
Tradimento o genialata da parte di Horner? Forse entrambe le cose. Ad Abu Dhabi nasce una stella – quella di Vettel – ma se ne spegne un’altra: quella elegante e carismatica di Mark Webber.
"Corsi e ricorsi della F1? "
Una coppia perfetta, un futuro campione e una giovane promessa ereditano nel 2007 dal ritirato (poi pilota-sviluppo) Michael Schumacher una vettura da titolo. Kimi Raikkonen è chiamato per dimostrare di meritare la fiducia del Kaiser, Felipe Massa per dimostrarsi la seconda guida di eccellenza in attesa della grande chance.
2007 stellare, Kimi è campione del mondo con la rossa, Felipe lo aiuta nell'impresa nel migliore dei modi. Un team forte, in vantaggio tecnicamente sulla concorrenza, addirittura costretta a copiare vergognosamente per essere all'altezza. Ci sono i presupposti per un'altra annata da leoni per il finnico ma, si sa, le aspettative in un certo ambiente non sempre si tramutano in certezze.
Nel 2008, nonostante la vettura competitiva, i risultati sono incostanti. E in F1 non basta essere il campione in carica, non basta la miglior macchina, contano i risultati. Per tanti motivi diversi non si raccoglie ciò che si dovrebbe. Cominciano i malumori verso il numero uno, reo di non adattarsi agli sviluppi, di sbagliare troppo e di essere poco incisivo in qualifica.
Di contro, quella giovane promessa pare non soffrire e il suo peso politico si fa sentire. Chiede al team di puntare su di lui tramite un manager importante alle spalle. Nel contempo, rumors etichettano quel glaciale leader pronto per un possibile ritiro, privo della voglia di primeggiare, in balia di nervi poco saldi. E più le voci si fanno insistenti, più nella mente dei tifosi si instaura l'idea che davvero non sia più all'altezza di un team così prestigioso.
Così, tutti fomentano un golpe, si apre la scena ad un'abilissima operazione politica. Il contratto è vicino alla scadenza, un banco iberico preme per l'avvicendamento con un certo asturiano: nonostante le vittorie, i bei momenti e le pubbliche difese del team, Raikkonen non è più voluto. Ed ecco come il pilota di punta, improvvisamente, rappresenta il primo ostacolo all'interno del team. Il giocattolo si è rotto e con esso è sparita la magia.
Dopo 10 anni la situazione è molto simile. E se anche l'odierna giovane promessa, Charles Leclerc, con lo stesso manager, Nicolas Todt, riuscisse a stagione in corso a sopravanzare il leader? Come si comporterà il management? Strani corsi e ricorsi... vero?
2007 stellare, Kimi è campione del mondo con la rossa, Felipe lo aiuta nell'impresa nel migliore dei modi. Un team forte, in vantaggio tecnicamente sulla concorrenza, addirittura costretta a copiare vergognosamente per essere all'altezza. Ci sono i presupposti per un'altra annata da leoni per il finnico ma, si sa, le aspettative in un certo ambiente non sempre si tramutano in certezze.
Nel 2008, nonostante la vettura competitiva, i risultati sono incostanti. E in F1 non basta essere il campione in carica, non basta la miglior macchina, contano i risultati. Per tanti motivi diversi non si raccoglie ciò che si dovrebbe. Cominciano i malumori verso il numero uno, reo di non adattarsi agli sviluppi, di sbagliare troppo e di essere poco incisivo in qualifica.
Di contro, quella giovane promessa pare non soffrire e il suo peso politico si fa sentire. Chiede al team di puntare su di lui tramite un manager importante alle spalle. Nel contempo, rumors etichettano quel glaciale leader pronto per un possibile ritiro, privo della voglia di primeggiare, in balia di nervi poco saldi. E più le voci si fanno insistenti, più nella mente dei tifosi si instaura l'idea che davvero non sia più all'altezza di un team così prestigioso.
Così, tutti fomentano un golpe, si apre la scena ad un'abilissima operazione politica. Il contratto è vicino alla scadenza, un banco iberico preme per l'avvicendamento con un certo asturiano: nonostante le vittorie, i bei momenti e le pubbliche difese del team, Raikkonen non è più voluto. Ed ecco come il pilota di punta, improvvisamente, rappresenta il primo ostacolo all'interno del team. Il giocattolo si è rotto e con esso è sparita la magia.
Dopo 10 anni la situazione è molto simile. E se anche l'odierna giovane promessa, Charles Leclerc, con lo stesso manager, Nicolas Todt, riuscisse a stagione in corso a sopravanzare il leader? Come si comporterà il management? Strani corsi e ricorsi... vero?