ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“Benedetti e dannati”
Formula 1 GP di Abu Dhabi: Mercedes e Ferrari, verso l’ultima manche


abu dhabi gp 2019 f1 gp focus| F1 GP Abu Dhabi 2019 - FOTO BY reddit.com |
Yas Marina. Tra quelle luci mondane che fanno di Abu Dhabi il paradiso dei ricchi e dei vincenti all’interno del circus, un primo, quasi banale per la sua ovvietà, ma tangibile e difficilmente confutabile giudizio di stagione si può imprimere, scolpire su pregiata roccia: il 2019, così come l’intero lustro precedente, è stato un anno Mercedes. Una sfida, quella ingaggiata dalla Ferrari per sovvertire i valori in campo, terminata (almeno per quest’anno) in una nuova, malinconica sconfitta.

I miracoli esistono? Troppo facile chiederlo a un credente; ancor più facile, forse, è porre la domanda a chi non crede. Ma all’interno di una dimensione sportiva come quella motoristica – in cui la Formula 1 è l’apice al tempo stesso per tecnologia e polemiche, per rancore e amore da parte dei tifosi – la domanda acquista un senso differente: quello della Mercedes può definirsi un “miracolo”?

Forse sì. Un miracolo sportivo, se si guarda a questi risultati con occhio umano. Un risultato sudato, qualche volta “a freddo” – nel biennio 2017-2018, segnato da un’avversaria in rosso ben più calibrata e performante di quella odierna – ma sempre, sempre portato a casa in anticipo, grazie a un lavoro certosino su tutti i fronti. Un reame in cui il re Lewis e il principe Valtteri hanno potuto rintracciare, stabilizzare e infine godersi atmosfere positive, i frutti di sogni realizzati, di promesse mantenute.
Diversamente dal “polo rosso”, dai due piloti Ferrari invischiati in un miasma di avari sorrisi, di fiducia verso un team che è al tempo stesso compagno di avventure e artefice di sventure, tra acuti esaltanti e rovinose cadute, talvolta nell’arco dello stesso weekend di gara. A prescindere dall’uno o dall’altro, al netto di esclusivi meriti e demeriti, come per la pole di Suzuka, per l’imbattibile W10 di quella domenica. Come un sogno favoloso spazzato via dal più crudo e classico dei risvegli, da quella naturale realtà senza appello.

Vittime del rebus “monoposto d’annata”, la cagione trasversale di continue sofferenze, ammalianti illusioni e violentissime delusioni: Charles e Sebastian, piloti fantastici, prigionieri di una dimensione edenica, quella di una Maranello leggendaria scacciata dal suo paradiso terrestre. Uomini esposti agli stessi riflettori, pronti a trasformarsi nelle fiamme dell’inferno, per un sentimento di impotenza comune derivato da motivazioni di fondo diversissime.

L’affamato e mai domo Leclerc, roba da ventiduenne di predestinato talento, ridotto come un leone in gabbia dalle tante occasioni perse nel mentre della sua prima stagione in tuta rossa. Manifestazione di un ragazzo maturo e tremendamente lucido, ferito dalla consapevolezza di un potenziale inespresso, affondato a Yas Marina nell’inutilità snervante di un decimo podio. Quanto di più noto al vicino di box, finito dal canto suo anche in balia del palliativo “esperienza pregressa”.
Ovvero Vettel il trafitto, crocifisso, deposto, lasciato al pubblico, alla mercé di un ignobile vilipendio della sua figura di campionissimo, nonostante il simbolismo #essereFerrari di Singapore. Un ragazzo dal cuore rosso, masochisticamente invaghito del Cavallino Rampante per ragioni interiori profondissime, all’apparenza abbandonato, mai veramente “creduto”, portato in grembo dal suo team. Un legame quantomeno unilaterale fin da quel primo contatto con la rossa a Fiorano, il 29 Novembre del 2014.

Se i miracoli esistono; se la F1 può essere intesa, ancora una volta, come una parabola, è chiara oramai la divisione, la disposizione dei pezzi da parte di Dio sulla scacchiera del circus: da un lato i prescelti, i benedetti, gli illuminati, instancabili e spietati vincitori; dall’altro i diseredati, i maledetti, i rabbuiati, i perdenti oramai sfiniti, avversari eterni di una Mercedes che s’è confermata ancora una volta (in sei stagioni, così come in ogni singolo giro dei 55 corsi per Abu Dhabi ’19) una creatura vincente, raramente scalfibile, in conclusione… imbattibile.

Considerando gli scenari prospettabili per il 2021 – novità senza pietà – è lecito disegnare un cerchio rosso intorno al 2020 e intendere l’anno venturo come quello della resa dei conti tra Maranello e Stoccarda. Poco importa, poi, chi andrà dove, chi lascerà il sedile e chi ne sceglierà un altro per il 2021. Si dice spesso: “Chi vince l’ultima, vince tutto”. Non è esattamente la stessa cosa, ma è innegabile quel pathos da spareggio della manche conclusiva di un’era.

Claudio Santoro e Gianluca Langella.

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