Non è stata necessaria la pioggia, a Interlagos, per dar vita a una GP del Brasile esaltante. In barba ai piani studiati da strateghi e ingegneri, l’entrata in scena della SC ha dato vita, nell’ultimo spicchio di corsa, a una serie di danze di rara bellezza portatrici di scontri umani, lotte fratricide e inevitabili, annesse polemiche. Non male, considerando la principale posta in palio rimasta nello scontro tra i big: la cara vecchia gloria.
U
n tè caldo, una coperta, una pacca sulla spalla a benedire la maledizione di un duello naturale e bellissimo ma troppo, troppo brutale per una tifoseria (quella ferrarista) che è la più esigente del circus. Questo, probabilmente, è il lunedì desiderato da Sebastian dopo lo sfortunato contatto con Leclerc.
Una sfida, quella interna di Maranello, curiosamente mal vista dagli stessi che, per anni, hanno reclamato la cacciata di un Kimi poco motivato e per questo meno prestazionale; gli stessi tifosi che hanno desiderato con furore due guide d’eccezione e che, ora che ce le hanno, fanno a gara per cacciarne una: Sebastian da pensione, Leclerc da punizione. Poco cambia: o uno o l’altro.
Un’amara constatazione, al netto dei risultati domenicali, per una Ferrari che, forse concentrata sul 2020, forse semplicemente in affanno, non è più quella delle pole e vittorie di fila, del motore capace di fare la differenza. Mentre si calcola il valore di uno zero causato da uno scontro di gara lecito e umanissimo, oltre che sfortunato, si guarda con un po’ di invidia l’altro duello, quello lì davanti.
Una sfida, quella interna di Maranello, curiosamente mal vista dagli stessi che, per anni, hanno reclamato la cacciata di un Kimi poco motivato e per questo meno prestazionale; gli stessi tifosi che hanno desiderato con furore due guide d’eccezione e che, ora che ce le hanno, fanno a gara per cacciarne una: Sebastian da pensione, Leclerc da punizione. Poco cambia: o uno o l’altro.
Un’amara constatazione, al netto dei risultati domenicali, per una Ferrari che, forse concentrata sul 2020, forse semplicemente in affanno, non è più quella delle pole e vittorie di fila, del motore capace di fare la differenza. Mentre si calcola il valore di uno zero causato da uno scontro di gara lecito e umanissimo, oltre che sfortunato, si guarda con un po’ di invidia l’altro duello, quello lì davanti.
Un Verstappen sopra le righe, discutibilissimo ai microfoni, ha lasciato il posto, in gara, a un altro Verstappen, quello infallibile, micidiale, cattivissimo al volante della sua indiavolata Red Bull. Al suo fianco (letteralmente, se si prende come foto ricordo del Brasile l’attimo della ripartenza dalla SC) un Lewis mai sazio e motivato a rimettere in riga il rivale.
In Mercedes e Red Bull sono messi decisamente meglio, specie dal punto di vista dell’umore. Verso Abu Dhabi. Verso il 2020. A Milton Keynes hanno trovato il giusto compagno per Max, un Albon freddo ed efficace, sfortunato a perdere il podio ma oramai stabilmente performante. A Stoccarda sanno di poter contare su un Hamilton tutt’altro che appagato dal sesto titolo.
Resta il segno lasciato dagli aspiranti outsider: Norris e soprattutto Sainz su una McLaren sempre più “revenant”; una Toro Rosso che fa brillare gli occhi dei tifosi tricolori grazie soprattutto a quel Gasly rinato, riprova di quanto sia fondamentale sentirsi a proprio agio sulla vettura, qualunque essa sia; l’Alfa Romeo, destinata forse a tornare Sauber e, chissà, magari regolarmente a punti.
Al centro della scena, della polemica, protagonista di un dramma sportivo, vi è la Ferrari. A Maranello avrebbero senz’altro preferito raccogliere punti in sordina, sognando magari quel terzo posto nella classifica piloti che adesso appare difficilissimo. È andata diversamente. Il fuoco della rivalità casalinga brilla come non mai esalando fumi per metà tossici e per metà entusiasmanti.
Claudio Santoro.
Follow @redf1gp
In Mercedes e Red Bull sono messi decisamente meglio, specie dal punto di vista dell’umore. Verso Abu Dhabi. Verso il 2020. A Milton Keynes hanno trovato il giusto compagno per Max, un Albon freddo ed efficace, sfortunato a perdere il podio ma oramai stabilmente performante. A Stoccarda sanno di poter contare su un Hamilton tutt’altro che appagato dal sesto titolo.
Resta il segno lasciato dagli aspiranti outsider: Norris e soprattutto Sainz su una McLaren sempre più “revenant”; una Toro Rosso che fa brillare gli occhi dei tifosi tricolori grazie soprattutto a quel Gasly rinato, riprova di quanto sia fondamentale sentirsi a proprio agio sulla vettura, qualunque essa sia; l’Alfa Romeo, destinata forse a tornare Sauber e, chissà, magari regolarmente a punti.
Al centro della scena, della polemica, protagonista di un dramma sportivo, vi è la Ferrari. A Maranello avrebbero senz’altro preferito raccogliere punti in sordina, sognando magari quel terzo posto nella classifica piloti che adesso appare difficilissimo. È andata diversamente. Il fuoco della rivalità casalinga brilla come non mai esalando fumi per metà tossici e per metà entusiasmanti.
Claudio Santoro.
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