Sakhir-bis. Ancora sull’asfalto del Bahrain, in una pista velocissima, un po’ banalotta in verità, ma comunque intrigante grazie a quella ca*ata del DRS. Emergono tante cose: una Mercedes allo sbando senza Lewis, non per colpa di George Russell, una Ferrari allo sbando che ricorda canzoni alcoliche di Vasco Rossi e una Racing Point che si prepara ai prossimi anni, quando con Vettel dominerà alla guida di una Aston Martin motorizzata Mercedes e diretta da Toto Wolff.
Primo giro: il putiferio. Russell e Verstappen partono a cannone, Pérez pure, Bottas esita come al solito, e alla fine complica la vita a quelli che gli stanno intorno, e poi boom: Leclerc è fuori, dopo un azzardo; Verstappen pure, e mentre bestemmia dentro al casco pensa: “Ma perché non mi lasciano in pace?”. Intanto, Russell è in testa. Ha superato il caposquadra. È diventato il caposquadra. Con Lewis assente si verifica quanto predetto dagli addetti ai lavori: il secondo fenomeno inglese sulla griglia straccia la concorrenza.
Quella di Rusell, però, non è stata tanto una gara di velocità, ma di sorpassi e coraggio. Non c’è da stupirsi di niente, neppure di un Bottas che, bene o male, lo tallona nel primo stint, per poi perderlo di vista dopo il primo pit-stop troppo ritardato per colpa di un team Mercedes già in crisi di neuroni.
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Ma Bottas potrebbe pure riprendere l’inglesino, non fosse per quell’assurda accoppiata di pit-stop che sembrano usciti da una puntata di Benny Hill o da una ispirazione vintage: “Perché non facciamo come i meccanici di Irvine? E via al balletto delle gomme, bianche gialle, nere, bordeaux, fucsiiiaaa! Fino al momento in cui George, incazzato, inizia a rimontare à la Hamilton.
Poi, la foratura. Ca**o, no. Una foratura lenta, però, che ci lascia sospettare che Hamilton, al posto di Russell, avrebbe saputo gestire quelle gomme in una maniera diversa portando a casa il trofeo. Con Bottas, come al solito, nelle retrovie. Del resto... la gestione di gara è il punto forte del sette volte campione del mondo. E come potrebbe essere altrimenti? E come potrebbe George, abituato alle retrovie, essere già pronto a un esame del genere?
Alla fine vince Pérez, meritatamente, in lacrime sul podio, occhii visibili sopra la mascherina. Un’ingiustizia sociale bella e buona. Si spera in un sedile in RBR, ma tutto è da vedere, considerando che lo sponsor più potente Albon ce l’ha in tasca: il suo passaporto.
Poi, la foratura. Ca**o, no. Una foratura lenta, però, che ci lascia sospettare che Hamilton, al posto di Russell, avrebbe saputo gestire quelle gomme in una maniera diversa portando a casa il trofeo. Con Bottas, come al solito, nelle retrovie. Del resto... la gestione di gara è il punto forte del sette volte campione del mondo. E come potrebbe essere altrimenti? E come potrebbe George, abituato alle retrovie, essere già pronto a un esame del genere?
Alla fine vince Pérez, meritatamente, in lacrime sul podio, occhii visibili sopra la mascherina. Un’ingiustizia sociale bella e buona. Si spera in un sedile in RBR, ma tutto è da vedere, considerando che lo sponsor più potente Albon ce l’ha in tasca: il suo passaporto.
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Un po’ di sorpresa per Ocon, che comunque non è mai stato un cattivo pilota; la difficoltà del francese è quella di doversi confrontare con Daniel Ricciardo: uno che, bisogna dirlo, potrebbe lottare ad armi pari con Verstappen (e l’ha già fatto, battendolo pure finché Helmut il Terrorista non ha deciso che era meglio puntare su Max), Leclerc, Russell e pure Hamilton.
Perché, parliamoci chiaro: il valore di un pilota viene fuori nei momenti difficili e Daniel è quello che ha saputo fare, nella sua carriera, i sorpassi più belli degli ultimi anni – insieme a quelli di Leclerc – senza però fare quasi mai incidenti, a differenza del monegasco. Ed è l’unico ad aver tenuto testa a Max, a differenza di due campioni di F2 maciullati dall’olandese uno dopo l’altro.
Perché, parliamoci chiaro: il valore di un pilota viene fuori nei momenti difficili e Daniel è quello che ha saputo fare, nella sua carriera, i sorpassi più belli degli ultimi anni – insieme a quelli di Leclerc – senza però fare quasi mai incidenti, a differenza del monegasco. Ed è l’unico ad aver tenuto testa a Max, a differenza di due campioni di F2 maciullati dall’olandese uno dopo l’altro.
E poi il gran finale: il “tradimento” Mercedes ai danni sia di Russell che di Bottas. Forse sarà dipeso dalle difficoltà a comunicare via radio, forse dalla tensione calante, visto che nessun titolo è ancora in ballo. Ma doveva essere la corsa perfetta per dimostrare il predominio di Stoccarda anche senza Lewis e, soprattutto, per permettere a Bottas o a Russell di vincere, per ragioni diametralmente opposte. In ogni caso, dai box li hanno abbandonati. E una disattezione così grave, senza accuse o complottismi, nel gergo della narrazione ottocentesca ha un sinonimo crudele: tradimento.