L'arena degli eroi, dei gentiluomini e dei selvaggi, degli stoici e dei cinici: la Formula 1 è il territorio, la casa, la natura selvaggia insieme, in un paese che può ancora contare su una belva feroce, il Cavallino Rampante. Ma ci sono tanti dubbi, diverse cose non piacciono. Faccende politiche, principalmente, ma anche sportive. Eppure è ancora una disciplina amatissima, seppur indisciplinata all'inverosimile.
S
arebbe facile partire con delle critiche. Alcuni regolamenti che la FIA ha imposto negli ultimi anni hanno fatto storcere il naso a parecchi amanti della Formula 1. No, non parliamo di HALO, un sistema di sicurezza valido alla cui bruttezza estetica ci stiamo abituando un po’ tutti. Andiamo oltre, entriamo nello sport.
La cosiddetta regola del “parco chiuso”: fai la pole il sabato lungo i saliscendi di Interlagos, poi la domenica viene giù l’ira del Signore. Anni fa, bastava modificare l’assetto della vettura e il gioco era fatto: la domenica diventava una giornata ancora più spettacolare del sabato. Al posto di giri tiratissimi, altri giri, al limite, dove i più grandi e solo i più grandi erano in grado di fare la differenza… nel bene (con rimonte o trionfi eclatanti) o con errori (anch’essi eclatanti, sorprendenti, che non t’aspettavi, non da quel pilota). Oggi non si può. Oggi, se fai la pole il sabato su una pista asciutta, la domenica devi correre con una macchina “programmata” per correre sull’asciutto. E nel 2016 è stato un caos anche per questo e proprio a Interlagos.
Ma parlare delle regole che non ci piacciono della F1 richiederebbe un articolo a sé. Tornando al nocciolo dell’articolo: qual è il ruolo della F1 in Italia, oggi? A livello di marketing, di entrate (e uscite), di audience, di seguito passionale e costante? Numeri alla mano (fingiamo di essere un pilota che analizza tempi e telemetrie su un foglio appena ricevuto dal direttore tecnico della scuderia), le cose fanno storcere un po’ il naso al pilota-uomo-amantedellaF1. Non c’è da sorridere: carta canta e i numeri sono un libretto d’opera inconfutabile.
La cosiddetta regola del “parco chiuso”: fai la pole il sabato lungo i saliscendi di Interlagos, poi la domenica viene giù l’ira del Signore. Anni fa, bastava modificare l’assetto della vettura e il gioco era fatto: la domenica diventava una giornata ancora più spettacolare del sabato. Al posto di giri tiratissimi, altri giri, al limite, dove i più grandi e solo i più grandi erano in grado di fare la differenza… nel bene (con rimonte o trionfi eclatanti) o con errori (anch’essi eclatanti, sorprendenti, che non t’aspettavi, non da quel pilota). Oggi non si può. Oggi, se fai la pole il sabato su una pista asciutta, la domenica devi correre con una macchina “programmata” per correre sull’asciutto. E nel 2016 è stato un caos anche per questo e proprio a Interlagos.
Ma parlare delle regole che non ci piacciono della F1 richiederebbe un articolo a sé. Tornando al nocciolo dell’articolo: qual è il ruolo della F1 in Italia, oggi? A livello di marketing, di entrate (e uscite), di audience, di seguito passionale e costante? Numeri alla mano (fingiamo di essere un pilota che analizza tempi e telemetrie su un foglio appena ricevuto dal direttore tecnico della scuderia), le cose fanno storcere un po’ il naso al pilota-uomo-amantedellaF1. Non c’è da sorridere: carta canta e i numeri sono un libretto d’opera inconfutabile.
All’alba del mondiale 2018, gli ascolti della differita (trasmessa da TV8) hanno registrato dati preoccupanti, specie se confrontati a quelli delle differite Rai: addirittura un calo del 60%. Se da un lato gli ascolti Sky sono in leggero aumento (logica conseguenza dell’esclusiva) dall’altro il pubblico italiano più ampio ha “dovuto” abbandonare la F1 oppure ha iniziato a seguirla attraverso canali nuovi, quali lo streaming illegale.
Sky sta uccidendo la F1 in Italia? Non è così, anche se potrebbe sembrare. Sui social e in generale nelle case degli italiani, la mancanza della telecronaca di Gianfranco Mazzoni si fa sentire quanto una dolce fanciulla russa che ci abbandona dopo averci illuso d’un amore folle; per non parlare degli aneddoti dell’ex pilota Ivan Capelli e della somma sapienza dell’ingegner Bruno, divenuto popolare per essere forse troppo logorroico nelle sue spiegazioni tecniche.
Ma che spiegazioni! La competenza, a quanto pare, al di là della forma, resta l’elemento preferito da un appassionato. Anche solo per quella singola volta su dieci che si ha voglia di ascoltare le qualità geologiche di Suzuka o la “omniametria” di ogni singola variabile tra pista, vettura, fisiologia del pilota, equazioni carburantistiche e frange di analisi di pirellilogia.
Sky sta uccidendo la F1 in Italia? Non è così, anche se potrebbe sembrare. Sui social e in generale nelle case degli italiani, la mancanza della telecronaca di Gianfranco Mazzoni si fa sentire quanto una dolce fanciulla russa che ci abbandona dopo averci illuso d’un amore folle; per non parlare degli aneddoti dell’ex pilota Ivan Capelli e della somma sapienza dell’ingegner Bruno, divenuto popolare per essere forse troppo logorroico nelle sue spiegazioni tecniche.
Ma che spiegazioni! La competenza, a quanto pare, al di là della forma, resta l’elemento preferito da un appassionato. Anche solo per quella singola volta su dieci che si ha voglia di ascoltare le qualità geologiche di Suzuka o la “omniametria” di ogni singola variabile tra pista, vettura, fisiologia del pilota, equazioni carburantistiche e frange di analisi di pirellilogia.
Una possibile soluzione (più costosa ma anche decisamente più affascinante) è quella di tornare nei circuiti a respirare la vera aria della F1, in special modo in un momento storico in cui Liberty Media sembra voler coinvolgere maggiormente il suo pubblico.
La F1 è viva e va forte. Anche perché non c’è verso di disintossicarsi da questo amore: chi vuole bene alla F1, chi non può farne a meno anche quando sa già come andrà a finire una gara, continuerà a seguirla. È una droga. Honestly!
Claudio Santoro.
Follow @redf1gp
La F1 è viva e va forte. Anche perché non c’è verso di disintossicarsi da questo amore: chi vuole bene alla F1, chi non può farne a meno anche quando sa già come andrà a finire una gara, continuerà a seguirla. È una droga. Honestly!
Claudio Santoro.
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