Budapest. In un palcoscenico mondiale segnato dall’assolutismo Mercedes e dalla tirannia di Hamilton, le luci dei riflettori illuminano Verstappen. Feroce, rapidissimo, preciso: il Max di oggi non è il Max che abbiamo amato e odiato negli anni passati. Siamo di fronte a un talento maturato all’ombra di una gavetta di lusso in Red Bull. Anni passati a sognare questo momento: la caccia al trono del Re Nero messa in scena in Ungheria.
Era nell’aria. Da un lato i “complimenti” di Hamilton al giovane arrembante. Dall’altro le dichiarazione esauste dell’olandese, stanco delle vie di mezzo, desideroso di lottare per il titolo, di raggiungere il king inglese in cima alla classifica. Preamboli intriganti, buoni per alimentare il fuoco di una F1 desiderosa di certe brutali rivalità. Una sfida già assaporata lo scorso anno e ritrovata, ampliata a Budapest, in uno scontro diretto, bellissimo e… bivalente.
Il teatro non l’hanno scelto loro, forse. Hungaroring, tracciato amatissimo dai piloti, meno da una parte del pubblico a causa delle difficoltà di inanellare sorpassi. Non proprio l’ideale per un tête-à-têtez, specie considerando l’aggressività dei due avversari e certi loro precedenti in curriculum: contatti (im)puri quelli di Max; manovre più subdole quelle di Lewis. In ogni caso, roba buona per finire fuori pista.
Che quella ungherese fosse una questione personale, Hamilton l’ha chiarito alla partenza. Onboard dell’inglese: obiettivo puntato su Verstappen in un atto di deliberata, quasi inconscia dimenticanza nei confronti di quel Bottas che sulla carta doveva rappresentare il suo unico vero rivale in campionato, in verità messo da parte al primo giro, “gettato via”, non più utile alla “causa interiore” che trova stimoli solo in una rivalità alla pari.
Il vuoto accumulato dai due dominatori non è un dettaglio di poco conto, considerando il comparto tecnico in dotazione ai compagni di squadra. Mercedes e Red Bull sono, senza ombra di dubbio, le due macchine più performanti, supportate al meglio dalle menti laboriose ai box. Tuttavia, i due protagonisti bellicosi riescono ugualmente a evidenziare una differenza, a sottolineare una supremazia, con distacchi imbarazzanti rifilati ai teorici rivali interni.
Il carattere da guerrafondai e quel bisogno di spazzar via il nemico, di divorare la preda sottomessa assaporandone al contempo la forza – specchio inequivocabile del proprio valore di cacciatore – viene alimentato dal bisogno di altri uomini, protagonisti di una sfida parallela, meno affascinante ma altrettanto “motoristica”: quello degli strateghi, personaggi dediti al lavoro nell’ombra, la cui voce riecheggia, come nel profondo di una coscienza, negli auricolari dei piloti. Sono loro gli elementi essenziali dell’altro, fondamentale “valore” bellico.
Il vuoto accumulato dai due dominatori non è un dettaglio di poco conto, considerando il comparto tecnico in dotazione ai compagni di squadra. Mercedes e Red Bull sono, senza ombra di dubbio, le due macchine più performanti, supportate al meglio dalle menti laboriose ai box. Tuttavia, i due protagonisti bellicosi riescono ugualmente a evidenziare una differenza, a sottolineare una supremazia, con distacchi imbarazzanti rifilati ai teorici rivali interni.
Il carattere da guerrafondai e quel bisogno di spazzar via il nemico, di divorare la preda sottomessa assaporandone al contempo la forza – specchio inequivocabile del proprio valore di cacciatore – viene alimentato dal bisogno di altri uomini, protagonisti di una sfida parallela, meno affascinante ma altrettanto “motoristica”: quello degli strateghi, personaggi dediti al lavoro nell’ombra, la cui voce riecheggia, come nel profondo di una coscienza, negli auricolari dei piloti. Sono loro gli elementi essenziali dell’altro, fondamentale “valore” bellico.
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Lo scontro tra forze della fisica in pista si allarga, diventa guerra della teoria (o della premonizione) tra le fazioni di Stoccarda e Milton Keynes. Alla ricerca della genialità, come in una partita a dama la cui mossa finale sorprende per la sua efficace, naturale conseguenza vincente. In pista, intanto, si incendia la foga di un Hamilton ben disposto a rinunciare al suo stile “purificato”, negli anni che furono, dalla saggezza di Niki Lauda. Un Hamilton di nuovo “à la GP2”.
La risposta di Verstappen è la durissima, calcolata e febbricitante manovra che porta Lewis a mischiarsi alla polvere della via di fuga in curva 4. Da lì nasce, respira, vive e cresce la sfida tra i due: il re viene rapito da un’inarrestabile furia tipica di chi avverte la minaccia di essere spodestato; sull’altra sponda di questo Piave motoristico, il giovane che sente di avercela quasi fatta e, rinvigorito dal profumo del trono, tenta di affondare il colpo di grazia.
La risposta di Verstappen è la durissima, calcolata e febbricitante manovra che porta Lewis a mischiarsi alla polvere della via di fuga in curva 4. Da lì nasce, respira, vive e cresce la sfida tra i due: il re viene rapito da un’inarrestabile furia tipica di chi avverte la minaccia di essere spodestato; sull’altra sponda di questo Piave motoristico, il giovane che sente di avercela quasi fatta e, rinvigorito dal profumo del trono, tenta di affondare il colpo di grazia.
Non v’è neppure bisogno del consueto “It’s hammertime” via radio. Il campione del mondo sa cosa deve fare. Verstappen non può resistergli. Il sorpasso è (quasi) pura formalità: la sferzata finale di un ventaglio di giri da record. Il giovane usurpatore è costretto a cedere. Una detronizzazione mancata, almeno per il momento. Ma la minaccia è lì.