Perché Michael ci fa ancora amare questa F1, dopo la sua era di qualche decennio fa, piombata in uno scrigno del passato più remoto. Un effetto strano, continuamente a cavallo di questo ventennio appena terminato, legato indissolubilmente a Schumacher, il metro di paragone prepotente per gli appassionati più attempati, per quelli più in erba. Come a dire, tra Lauda, Senna, Mansell o Prost, Alonso Raikkonen, Hamilton e Vettel, in mezzo c'è quel pilota nativo di Kerpen, Germania.
Ho subito accolto con grande entusiasmo l'idea di raccontare in maniera personale, praticamente intima, ciò che Michael Schumacher ha rappresentato per me, sicuramente anche per voi, nel corso di questi anni. Lego Michael alla mia infanzia: io che da bimbo adoravo il casco giallo di Ayrton Senna e la passionalità di Jean Alesi, ho imparato ad amare Schumi con il tempo, quasi fosse un compagno di viaggio lungo la mia, la nostra esistenza.
Perché in fondo è così: con le sue imprese noi ci siam cresciuti, qualcuno ci è invecchiato, sicuramente Michael è presente nel libro dei ricordi di ognuno di noi. Lo ammiravo, lo ammirerò sempre. Per ciò che ha trasmesso, per aver insegnato a tutti noi che si deve lottare fino all'ultimo. Il #KeepFightingMichael che tanto va di moda oggi, non è certo nato per caso.
L'ho ammirato ancor'più quando decise di svestire, qualora li avesse mai indossati, gli abiti del pensionato per rimettersi tuta e casco, decidendo di abbracciare la sfida Mercedes. Ricordo lo scherno, gli insulti, con cui molti tifosi delusi accolsero quella sua decisione. Al solo pensiero che gli stessi ora rivolgono a Michael messaggi, carichi di speranza, mi sale un po' d'acido, ma tant'è. La gratitudine non appartiene a questo mondo.
In effetti, i risultati ottenuti di spazio a certe discussioni ne hanno lasciato eccome. Ma la pole di Monaco, anno del Signore 2012, racchiude tutta la classe di Schumi. Una pole position annullata dalle statistiche ma non dalla memoria, dalle immagini ancora impresse nella mente. Frammenti della classe di quel pilota che, allora 43enne, fu capace di guidare con una mano alle Piscine e mettersi dietro i ben più giovani Alonso, Hamilton, Vettel.
Fu proprio quello il giorno in cui, più che mai, spiegò al mondo il significato del suo "Mai arrendersi, finché esiste una minima possibilità". E tu Schumi, non arrenderti ancora, che qui siamo tanti ad aspettarti. Prima o poi, questo velo cupo che ti ha avvolto sono sicuro che verrà via, magari quando meno ce lo aspetteremo. Perché con te, funziona così, lo sappiamo ormai da decenni.
Perché in fondo è così: con le sue imprese noi ci siam cresciuti, qualcuno ci è invecchiato, sicuramente Michael è presente nel libro dei ricordi di ognuno di noi. Lo ammiravo, lo ammirerò sempre. Per ciò che ha trasmesso, per aver insegnato a tutti noi che si deve lottare fino all'ultimo. Il #KeepFightingMichael che tanto va di moda oggi, non è certo nato per caso.
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