Melbourne. Box vuoti, un qualcosa di quello che resta della prima trasferta del mondiale di Formula 1 2020, lì all'Albert Park. Un vuoto difficile da mandare giù per la classe regina del motorsport, per tutto l'impianto commerciale e finanziario spazzato via da una complessa matrice di dinamiche sintomatologiche, di natura non solo cliniche. Un GP di Australia cancellato, un passo falso sul primo gradino di un'annata in partenza col piede sghembo, recante una fragorosa e dolorosa caduta.
The show must go... off! È stata dura prenderne coscienza, a partire dall'assembramento di australiani paganti di Melbourne, dalle altre scuderie, sospese nei box nonostante il forfait della McLaren per l'ovvia emergenza sanitaria esplosa nelle fila del team in pista. Un'atmosfera virulenta protrattasi per ore, capace di diffondersi via etere ad una velocità impressionante in ogni parte del globo.
Social infiammati, invasi dai post di protesta degli appassionati "divanari", fomentati da post di informazione dai contenuti talvolta dalla connotazione da leggenda. Una manciata di ore pervase dalla rivisitazione dell'Amleto di Shakespeare, secondo la battuta più famosa dell'opera "Correre o non correre, questo è il dilemma". Cori dilaniati tra l'egoistica, comprensibile fame di sport e il sentimento umanitario riversato per la pandemia planetaria Covid-19.
Una bolgia ritmata dalla più totale confusione, dalla mancanza di comunicazioni ufficiali via FIA, via autorità australiane, via Liberty Media. In barba alla massa di persone perigliosamente compattata per quel lungo intervallo temporale intorno al nastro d'asfalto da F1 di Melbourne. Un'emorragia di incertezza, sul da farsi in questa condizione generalizzata contro un male invisibile, nella fattispecie microscopico e veicolato involontariamente da individuo ad individuo.
Una situazione eccezionale, senza precedenti paragonabili da più di mezzo secolo, difficile da credere, comprendere, accettare causa impreparazione in simili scenari di rischio per l'incolumità. Un mostro silente, un virus statisticamente simil influenzale, capace di uccidere o condurre comunque alla morte nell'arco della sua infezione, contro cui l'essere umano non ha difese pregresse. Non avrà l'antidoto per tutto l'orizzonte pandemico.
Un flagello distruttivo delle economie globali, spietato, senza frontiere di classe, un terminator naturale che non ha guardato in faccia nemmeno all'onnipotente, intoccabile Formula 1. Un'organizzazione che ha reagito tardivamente all'emergenza, che ne ha sottovalutato l'entità, in piccolo, tanto quanto i governi occidentali, quello australiano, all'inizio della crisi esplosa in quel circondario di Wuhan da dove è iniziata la cavalcata del Sars-CoV-2.
Una situazione eccezionale, senza precedenti paragonabili da più di mezzo secolo, difficile da credere, comprendere, accettare causa impreparazione in simili scenari di rischio per l'incolumità. Un mostro silente, un virus statisticamente simil influenzale, capace di uccidere o condurre comunque alla morte nell'arco della sua infezione, contro cui l'essere umano non ha difese pregresse. Non avrà l'antidoto per tutto l'orizzonte pandemico.
Un flagello distruttivo delle economie globali, spietato, senza frontiere di classe, un terminator naturale che non ha guardato in faccia nemmeno all'onnipotente, intoccabile Formula 1. Un'organizzazione che ha reagito tardivamente all'emergenza, che ne ha sottovalutato l'entità, in piccolo, tanto quanto i governi occidentali, quello australiano, all'inizio della crisi esplosa in quel circondario di Wuhan da dove è iniziata la cavalcata del Sars-CoV-2.
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Piombato puntualmente anche nei box australiani, tra gli uomini di Woking, messisi volontariamente in quarantena dall'Albert Park, idealmente cacciati via perché lo show doveva proseguire, con o senza l'arancio McLaren. Dilagato sotto forma di terrore da contagio nell'intero paddock, a partire dal campione del mondo, primo attore dell'improcrastinabile Circo F1. Circo, non Circus, nell'occasione del primo, disgraziato appuntamento della stagione, coordinato e domato a malo modo da Federazione e Liberty Media.
Ed a poco è servito il fantomatico approdo dell'improvvisato John Connor, Chase Carey, leggendariamente giunto in circuito per premere il pulsante "ON", mentre apparivano dei codici inequivocabili suggerenti la prima, clamorosa resa incondizionata per la F1. 01A e 03A, i posti a sedere aerei, di un volo del 13 Marzo, stampati da una testina ad aghi su un foglio fotografato e socializzato, rispettivamente assegnati a Mr. Sebastian Vettel e Mr. Kimi Matias Raikkonen.
Ed a poco è servito il fantomatico approdo dell'improvvisato John Connor, Chase Carey, leggendariamente giunto in circuito per premere il pulsante "ON", mentre apparivano dei codici inequivocabili suggerenti la prima, clamorosa resa incondizionata per la F1. 01A e 03A, i posti a sedere aerei, di un volo del 13 Marzo, stampati da una testina ad aghi su un foglio fotografato e socializzato, rispettivamente assegnati a Mr. Sebastian Vettel e Mr. Kimi Matias Raikkonen.
Bernie Ecclestone aveva le sue manie, specie alla fine del suo rettorato durato decenni, tipo le gare bagnate artificialmente, tra le sue ultime, coreografiche esternazioni. Un despota estroso, pur sempre innocuo di fronte alla profonda sua consapevolezza dell'identità storica della Formula 1. E se un bambino che ha difficoltà a giocare con un nuovo gioco deve essere giustificato, Liberty Media, la nuova proprietà, non può trattare questo sport di vertice come il suo di nuovo giocattolo.