ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“Priorità antropica”
Formula 1 Quel legame necessario tra Vettel e Schumi


sebastian vettel ferrari piloti 2020 redf1gp| F1, Sebastian Vettel, Ferrari - FOTO BY @SebVettelNews |
Alla fine è andata. Qualcuno se l’aspettava, tanti hanno gufato, al pari di quelli che, al contrario, credevano nell’amore indissolubile, doloroso ma “necessario”, tra Sebastian Vettel e la Ferrari. Un cordoglio, quello seguito all’addio tra il quattro volte iridato tedesco e Maranello, che ci porta a riflettere sugli amori effimeri della F1.



I
n principio fu il Kaiser e il Kaiser era presso la Benetton. All’epoca il tedesco non era ancora stato investito di tale titolo imperiale, vi erano tutte le premesse per una nuova epopea rossa. Eppure, tra Schumi e la Ferrari non esplose quell’istantaneo colpo di fulmine che a tanti piace raccontare oggi. Vi fu una immediata stima reciproca, questo sì, una consapevolezza marcata dei valori in gioco: da un lato quelli del pilota, giovane e ambizioso bicampione del mondo, dall’altro quello di una squadra prestigiosa per tradizione e capacità di rinnovarsi.

Da lì l’inizio di tutto, a cominciare dalla pista, in un 1996 caratterizzato da risultati persino al di sopra delle aspettative e delle possibilità puramente tecniche e fisiche. L’amore, quello che fa riscaldare i cuori, quello buono per un racconto a tinte rosa, sarebbe arrivato più tardi, dopo il primo sudatissimo titolo all’alba del terzo millennio. Stima, dunque, e tanta fatica, furono le basi di quello che oggi viene presentato come un idillio ma che fu, prima di ogni altra cosa, un serissimo e faticoso connubio professionale.
Ed è così che deve necessariamente essere. Nulla di strano, nulla di nuovo. Altri legami, ugualmente degni e affascinanti – si pensi al rapporto umano e tecnico che ha visto protagonisti Senna e la McLaren – si sono alimentati dello stesso furore sportivo, della stessa “necessità” tecnica e agonista. L’affetto e le simpatie sono fasi successive, per certi versi accidentali, laddove la produttività di un rapporto conta più delle sue implicazioni romantiche. Così Ayrton lasciò la McLaren con le lacrime agli occhi, ma pronto ad aggredire la pista su quella che sarebbe dovuta essere una imbattibile Williams.

È stato così per Lauda e Prost, gli “antipatici” della F1, gli antisentimentali, i presunti calcolatori. Forse sarebbe stato così anche per Schumacher se non fosse capitato quell’evento capace di scuoterlo dentro e di portarlo di fronte a una sfida superiore, dotata d’un fascino più forte, di un dramma personale, in definitiva di una “responsabilità” ben maggiore di quella che dovrebbe scatenare una sfida per il titolo: il conflitto interiore, l’abbandono ai propri bisogni umani, quasi primari, affettivi.

Per Michael fu l’urgenza intima di affrontare il fantasma di Ayrton sull’unico territorio in cui avrebbe potuto sconfiggerlo: quello dell’ipotesi, dell’anfiteatro onirico, una dimensione parallela percorsa al volante di una Ferrari e di un sogno che il brasiliano non ebbe il tempo di realizzare. Ecco che la sfida tecnica si tramuta in qualcos’altro e solo in questa nuova dimensione incontra il suo senso, la sua Weltanschauung, il movente che va oltre la regolare concezione di amici e nemici, che tramuta gli indirizzi e le scelte, che sposta il baricentro dell’esistenza verso un azzardo, un paradosso o, che dir si voglia, una follia.
Al di fuori di questa guerra personalissima – e per certi versi antisportiva, senza dubbio fortemente egocentrica – nella F1 non vi è mai stato troppo spazio per l’amore tra i piloti e le scuderie. Vi sono solo rarissimi casi, come quello tra Gilles Villeneuve e la Ferrari, vicende che spesso sono state toccate dal dolore, dal male delle incomprensioni, sintomi questi d’un amore teoricamente impossibile e dove qualcuno deve per forza rimetterci qualcosa. Lo stesso amore, forse, che ha toccato Sebastian, in principio appagato da quattro mondiali giunti troppo presto.

Quale sfida accogliere per non mollare? Quale desiderio proibito inseguire per non dover rinunciare, giovanissimo, a quell’innato bisogno di superare i propri limiti, di rintracciare un fenomeno superiore? La strada, in un certo senso, era già stata disegnata per lui da un altro tedesco. Bisognava solo avere il coraggio di intraprenderla. E nei suoi anni in rosso, Sebastian è comunque riuscito, pur senza raggiungere l’iride, a creare una sua romanza, un nuovo pezzo di storia che segna la vita di questo sport.

La nuova strada sembra un cerchio che si chiude, a bordo di una macchina motorizzata Mercedes, marchio imprescindibile nella vita di Schumacher. Eppure, Aston Martin significa, sopra ogni cosa, una conclusione individuale di Sebastian Vettel, l’uomo dei record precoci, di una giovinezza volata via e di un talento naturale che ha bisogno più che mai di riesplodere nella piena maturità di un uomo profondo.

Claudio Santoro.

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