ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“Massiccio Ricciardo”
Formula 1 GP dell’Eifel: Un talento che deve cavarsela da solo


eifel 2020 f1 ricciardo nürburgring redf1gp| F1 GP Eifel 2020, Daniel Ricciardo - FOTO BY Formule1.nl |
Nürburgring. Condizioni meteo incerte. Acqua in pista, pochissima, nonostante la stagione a rischio. Circuito storico per le mille e una storia che ha raccontato. Ma anche Rheinisches Schiefergebirge, un complesso di massicci di modesta altitudine tra cui “spicca” l’Eifel. È questa la località che il destino ha prescelto come teatro di quel ricongiungimento, in termini numerici, fra due campioni di diverse generazioni: Hamilton e Schumacher, ora entrambi a quota 91 vittorie. Questo unico GP dell’Eifel è anche la metafora della carriera di Daniel Ricciardo.

Pronti, partenza, via: l’attenzione è subito per Valtteri Bottas che prova, più duramente del solito, a resistere al compagno d’armi Lewis, duro anch’egli in una manovra stile Austin 2015. Ma il boscaiolo applica la lezione microfonata da Rosberg e resiste all’assalto del pirata anglo-caraibico. Quello che non ha imparato, però, è un metodo buono per tutta la stagione che lo metta nelle condizioni di vincere più di una gara ogni tanto. La superiorità di Lewis è evidente anche quando l’inglese non fa nulla di eclatante: si manifesta nella sua freddezza, dote che al buon Valtteri non è ancora stata concessa.

Al di là del record raggiunto da Hamilton e della sfida sempre più profumata tra il pilota Mercedes e Max Verstappen, il week-end racconta, essenzialmente, la storia di una carriera, quella di Daniel Ricciardo, classe 1989, passaporto australiano, origini italiane. Fin qui, cose buone per affezionarsi al sorriso più bello del Circus. Ma farsi amare in F1 conta fino a un certo punto, specie se il tuo obiettivo è quello di diventare campione del mondo in un’epoca di grandi talenti e di pochi sconti manageriali.
Soprattutto se quell’obiettivo non è solo un sogno campato per aria, ma una necessità alimentata da risultati e dimostrazioni in pista che raramente si sono viste negli ultimi vent’anni. Ricciardo è il pilota delle grandi rimonte in Red Bull, delle staccate estreme e nostalgiche che riportano alla mente, con entusiasmo, quelle di Gilles Villeneuve tra gli anni Settanta e Ottanta: una roba disumana, che segna la differenza tra l’essere un pilota forte e un fuoriclasse. Ma Daniel è, soprattutto, il pilota che in Red Bull ha dimostrato di non avere timore di nessuno, e a buon ragione, considerando i risultati, al netto di qualche sfiga, ottenuti contro un Sebastian Vettel in passaggio di volante e un Max Verstappen all’apice di una gerarchia imposta, i due fenomeni mitteleuropei per eccellenza in una F1 che ultimamente scarseggia di materiale umano tedesco.

Non si vincono a caso tre gare in una stagione come quella del 2014, ingresso ufficiale nella Hybrid Age, l’epoca del nuovo Reich germanico fondato da Mercedes. Non si vince a caso neppure nelle stagioni successive, quando ti piazzano a fianco un pilotino giovane che, secondo esperti, piloti e appassionati, era il pilota più promettente di allora e quello più veloce e talentuoso di oggi. Le vinci, quelle gare, se sei Daniel Ricciardo, e pure se ti hanno già bollato da alcuni anni come “sfortunato” tu continui a sorridere, manifestando quella gioia di accelerare, curvare, e schiacciare di nuovo il pedale come se dovessi azzannare una preda in pista.

Il fenomeno di Perth vive in un Circus difficile da interpretare, specie in quegli anni ambigui in casa Red Bull: fabbrica di piloti eccelsi, ma anche fornace in cui infilare talenti precocemente “bocciati” per farli sparire nel nulla o, peggio, per torturarli in contesti inferiori, da Serie B calcistica, come quell’AlphaTauri buona, precisa, “carina”, ma inadatta a un talento superiore. Un’ultima stagione, quella vissuta da Daniel a Milton Keynes, che rivela in una allegoria prepotente i meccanismi dai tratti assai grotteschi del team austriaco.
Il sacrificio inizia in Spagna, stagione ’16, quando il team adotta una strategia farlocca che premia Max Verstappen a discapito di un Ricciardo più performante. È il primo atto di una predilezione implicita, divenuta manifesta poi, per la gloria e il marketing rispetto alla sostanza di un pilota rimasto fedele alla squadra e già “responsabile” di successi divenuti scomodi, invecchiati troppo in fretta per un Helmut Marko il cui orologio biologico lancia continui allarmi contro i suoi piloti. Un conflitto interno che ricorda quello che ha complicato (e non di poco) la carriera di Jarno Trulli, protagonista in Renault nella prima metà del 2004, poi boicottato in favore del più giovane e “hermoso” Fernando Alonso.

Dal passaggio in Renault nel 2019, Daniel ha sfiorato il podio più volte. Solo al Nürburgring ha raggiunto l’agognata meta, in fase pandemica mondiale; dettaglio, questo, che lo ha obbligato a festeggiare in privato bevendo champagne dalla sua scarpa sudata più che mai, dopo una prestazione in solitaria, in linea coi suoi standard decisamente sopra la media del Circus, senza dubbio superiori a quelli del compagno di team Ocon. Ci sono carriere che per varie ragioni vengono abbandonate al destino: quella di Daniel ne è l’esempio lampante, osservando i risultati e misurando in pista, unica vera unità di misura valida, la sua velocità resa sublime dalla costanza.

Al termine di una gara che è anche la metafora della sua carriera, Daniel continuerà la stagione consapevole, una volta di più, del suo talento naturale, con i piedi ancora pigiati sui pedali della sua Renault R.S.20 e un occhio obbligato a sbirciare a quella che sarà la sua nuova macchina da guerra: una MCL36 motorizzata Mercedes, al servizio di una squadra che potrebbe diventare un duplice mezzo di fortuna: per noi, di rivivere romanticamente le metodologie folli di Ron Dennies, con l’accoppiata sui generis Ricciardo-Norris; per Daniel, di giungere a quello che, umanamente ma soprattutto sportivamente, sarebbe un titolo di campione del mondo meritatissimo.

Claudio Santoro.

F1 | GP Focus

F1 | Casa Verstappen 2021

RUBRICA | Quella volta in...

Random F1

Follow