Barcellona. Vale tutto per giustificare lo scenario di quest'inizio di stagione 2019, sino ad arrivare ad un forzato parallelismo di dubbia natura psichiatrica. La Mercedes di Spagna è carceriera della Ferrari, nonché dell'intero sistema F1. Per capovolgere il ragionamento, gli ultimi due complementari ostaggi parrebbero essere affetti dalla "Sindrome di Stoccolma".
Prassi vuole che il Montmeló rivesta la pista del primo grado di giudizio, in tal caso, ancora una volta, spettante alla Ferrari. La prima sentenza di questo mondiale taglierebbe di netto le chance iridate 2019 in quel di Maranello, soprattutto per la forza, l'imbattibilità dei migliori della classe. E, al seguito di numero cinque monologhi lato Stoccarda, anche la F1 crolla in una crisi profondissima.
Sta qui il gioco: le pesanti interrogazioni incapaci di trovare chiare, inconfutabili risposte. È la Mercedes AMG F1 l'oppressore dei sogni e delle aspirazioni altrui, di uno spettacolo inesistente? Sono la Ferrari e la F1 le adulatrici di questa inscalfibile tirannia instauratasi dal 2014? Quale è l'equazione irrisolvibile trascendente la pista di questa scontata Spagna, contemplante le su interroganti tre variabili?
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Sarebbe più facile puntare il dito contro, parlare degli evidenti demeriti e osannare liturgicamente gli indiscutibili meriti. Forse, bisogna spingersi oltre, guardare molto più lontano da questa punta di naso, scovare una questione fantasma di natura sintomatologica. Roba grigia, una sorta di foschia inquinante, di ardua constatazione, a ben pensarci, da bava di lumaca lunga un bel po' di chilometri.
Un processo di analisi dell'oltre la pista, si, perché, a malincuore, parte dei più puri esiti sportivi sono imprescindibili dalle dinamiche extra campo di battaglia. Un miasma intricatissimo, le cui esalazioni sono emanate indistintamente, in percentuali incognite, dagli attori di queste ultime edizioni del "circo" F1. Senza alcuna distinzione di bandiere e passioni.
Ne è vittima illustrissima la Ferrari, nonché la Red Bull, la Renault, la Honda. Gli altri blasoni motoristici declassati dalla "satellizzazione". Tutti coraggiosissimi nel sobbarcarsi questa carestia vista l'essenza brandizzata da anni di successi e glorie. Eppure, una famosa massima reciterebbe: "Ognuno è padrone del suo destino". E la colpa è più materia di queste vittime, di questi ostaggi, piuttosto che dell'unico carceriere di codesta epoca storica.
Maranello rappresenta il primo vagone del treno dei colpevoli di queste pene tecnologiche, il parafulmine di questo immaginario lager di prigionia. I suoi uomini, vari ed eventuali, hanno sottoscritto questa era ibrida nel 2014, hanno trafugato segreti per ripicca, hanno subito le coercizioni omologative lato power unit portate avanti da Mercedes prima di Monza 2017. Pronti, via, hanno lasciato trafficare il cuore della SF71H e le Pirelli "ribassate". Hanno accettato le inutili regole "alari" 2019.
Un processo di analisi dell'oltre la pista, si, perché, a malincuore, parte dei più puri esiti sportivi sono imprescindibili dalle dinamiche extra campo di battaglia. Un miasma intricatissimo, le cui esalazioni sono emanate indistintamente, in percentuali incognite, dagli attori di queste ultime edizioni del "circo" F1. Senza alcuna distinzione di bandiere e passioni.
Ne è vittima illustrissima la Ferrari, nonché la Red Bull, la Renault, la Honda. Gli altri blasoni motoristici declassati dalla "satellizzazione". Tutti coraggiosissimi nel sobbarcarsi questa carestia vista l'essenza brandizzata da anni di successi e glorie. Eppure, una famosa massima reciterebbe: "Ognuno è padrone del suo destino". E la colpa è più materia di queste vittime, di questi ostaggi, piuttosto che dell'unico carceriere di codesta epoca storica.
Maranello rappresenta il primo vagone del treno dei colpevoli di queste pene tecnologiche, il parafulmine di questo immaginario lager di prigionia. I suoi uomini, vari ed eventuali, hanno sottoscritto questa era ibrida nel 2014, hanno trafugato segreti per ripicca, hanno subito le coercizioni omologative lato power unit portate avanti da Mercedes prima di Monza 2017. Pronti, via, hanno lasciato trafficare il cuore della SF71H e le Pirelli "ribassate". Hanno accettato le inutili regole "alari" 2019.
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Hanno scelto di perseverare alle condizioni soffocanti del carceriere in nome di investimenti, ricerca e sviluppo volti ad una causa ancora non vinta. Tutti aspetti riflettentisi negli equilibri interni, in pista, a rappresentare la manifestazione più tangibile del sentimento positivo innescatosi verso la Mercedes. Per una Ferrari volontariamente proiettata ad un sempre più eterno inseguimento di una libertà sportiva, scrigno delle meraviglie recluso in quel di Brackley.
Ora è più comodo giungere alla diagnosi di questa "Sindrome di Stoccolma", al protagonista mancante, quello fondamentale per tenere su questa tesi. La scena attende di svelare il "liberatore", quella autorità garante della libertà, dell'uguaglianza, del senso di giustizia. L'organo addetto al guardianato di questa amatissima, avveniristica espressione sportiva. L'entità rinnegata dai prigionieri di questa storia.
Ora è più comodo giungere alla diagnosi di questa "Sindrome di Stoccolma", al protagonista mancante, quello fondamentale per tenere su questa tesi. La scena attende di svelare il "liberatore", quella autorità garante della libertà, dell'uguaglianza, del senso di giustizia. L'organo addetto al guardianato di questa amatissima, avveniristica espressione sportiva. L'entità rinnegata dai prigionieri di questa storia.
Ordunque, è il rapitore di nome Mercedes ad averla sommamente vinta, con la liberatrice FIA assecondatrice dei suoi voleri sotto l'intento di salvaguardia de' suddetti sventurati ostaggi. In nome dell'inconquistabile chimera della F1, l'irrisolvibile equazione con incognita in spettacolo, ove, al pari di questa disamina, è causa di un artificioso boomerang da gioco di parole. Da "Sindrome di Stoccarda".