Suzuka. È finita, alla quintultima gara. In Giappone Gina molla la compagnia e torna ai box Ferrari. Uno strazio vissuto per poche tornate, un tempo allungato da una beffarda safety-car. Hamilton fa il pieno di punti, il suo quarto titolo sarà una pura formalità.
È da quel maledetto 2006 che il Giappone ha deciso di finirla, per un bel po', con la Ferrari. Anni di buio pesto, proprio nel paese del Sol levante. Una alba nera per Sebastian Vettel, finito in un baratro rosso, apparentemente senza fine, almeno fino a quando la fredda matematica deciderà di chiuderla lì. Volendo ad Austin, volendo poco più in là. Una scorribanda asiatica che ha rigettato il cavallino rampante in uno status agghiacciante, da disarmo, da ultimi bacucchi della griglia di partenza. Una tristezza infinita che si è insediata in tutti i cuori rossi del globo causa oggettiva fine dei giochi iridati.
Un trend iniziato in piena estate, quando la classifica costruttori aveva virato con decisione verso Stoccarda. Un innocuo riverbero che ha sgretolato la coriacea consistenza, le solide fondamenta, su cui il nativo di Heppenheim reggeva la testa della classifica piloti. Una metaforica battaglia navale, girata a favore di Lewis Hamilton a partire dal rientro in Belgio. Un affondamento offerto dalla Ferrari stessa allorché, spaventata e messa in fuga verso un recupero prestazionale necessario ma accecante, un naufragio di distrazione mista a sventatezza, nonché negligenza, ha spazzato via qualsivoglia speranza da titolo mondiale.
Allo stesso tempo, i campionati non si perdono per episodi di natura varia ed eventuale, bensì per i meriti del rivale di turno capace nell'instaurare valide condizioni di successo finale. Un motore andato in fumo in Malesia 2016, una crepa di un condotto aria o una candela motore difettosa, come accaduto di recente, non sminuiscono la bravura e la grandezza del polo di opposizione.
Oramai è soltanto questione di bilanci, la casa di Maranello ha condotto una stagione straordinaria in riferimento ai presupposti di partenza. Ad un recente passato difficilissimo, ha risposto con un presente sorprendente in positivo. Una costruzione di un sogno mondiale avente tutto il diritto di trovare compimento, senza considerare più di tanto le premesse invernali, quel trascorso tetro finito alle spalle. Tutt'altra storia, tutt'altro team, anche grazie ad una vettura, SF70H, concepita bene, nata benissimo, cresciuta ancora meglio, nonostante le limitazioni tecniche imposte. Nonostante un difficile scontro sul piano power unit contro i migliori interpreti del relativo regolamento tecnico vigente. La Mercedes.
Eppure, l'esasperazione tecnologica, sovente, può causare una situazione sfuggente, finanche la crisi della componentistica ausiliaria. Nella fattispecie, l'incremento del rischio connesso agli errori di valutazione, nei limiti di una finestra temporale esigua relativamente l'importanza di scelte ed indirizzi di sviluppo in corso d'opera. Questo potrebbe spiegare il caso Sepang, sempre che, in codesta sede, non si incorra in presunzione di analisi. In Giappone potrebbe valere lo stesso film, sebbene una candela difettosa ha motivo di esistere, di sfuggire a controlli severi, di trovarsi in un lotto di qualità.
Se la SF70H è stata sapientemente gestita e sviluppata dalla nuova GES di Maranello, restano dubbi sul concepimento, su quanto vi sia della vecchia guardia nel progetto 668. Un eventuale dato di fatto inquantificabile per mancanza di prove. Solo per il momento, una semplice curiosità, un aspetto relativo in rilevanza, uno spettro da scacciare definitivamente con un progetto monoposto 2018 ancor più vincente.
La Ferrari si trova in una condizione di rinvio a giudizio, una sorta di riesame per riuscire a dimostrare di aver trovato ed assimilato la metodologia di lavoro corretta, fuori e dentro la pista. Per accertare quella lungimiranza tecnica, mancante dall'era Todt, apparsa come una concreta potenzialità nell'andamento della stagione corrente. Una realtà legata alle future conferme, una sentenza definitiva che renderà giustizia alla completa rinascita del cavallino rampante.
La Rossa sarà in lotta coi soliti rivali in pista, pur sempre in un clima non ideale. Una serie di variabili, di condizioni al contorno, indigeste per la fantasia, la vitalità progettuale e di sviluppo.
Un trend iniziato in piena estate, quando la classifica costruttori aveva virato con decisione verso Stoccarda. Un innocuo riverbero che ha sgretolato la coriacea consistenza, le solide fondamenta, su cui il nativo di Heppenheim reggeva la testa della classifica piloti. Una metaforica battaglia navale, girata a favore di Lewis Hamilton a partire dal rientro in Belgio. Un affondamento offerto dalla Ferrari stessa allorché, spaventata e messa in fuga verso un recupero prestazionale necessario ma accecante, un naufragio di distrazione mista a sventatezza, nonché negligenza, ha spazzato via qualsivoglia speranza da titolo mondiale.
Allo stesso tempo, i campionati non si perdono per episodi di natura varia ed eventuale, bensì per i meriti del rivale di turno capace nell'instaurare valide condizioni di successo finale. Un motore andato in fumo in Malesia 2016, una crepa di un condotto aria o una candela motore difettosa, come accaduto di recente, non sminuiscono la bravura e la grandezza del polo di opposizione.
Oramai è soltanto questione di bilanci, la casa di Maranello ha condotto una stagione straordinaria in riferimento ai presupposti di partenza. Ad un recente passato difficilissimo, ha risposto con un presente sorprendente in positivo. Una costruzione di un sogno mondiale avente tutto il diritto di trovare compimento, senza considerare più di tanto le premesse invernali, quel trascorso tetro finito alle spalle. Tutt'altra storia, tutt'altro team, anche grazie ad una vettura, SF70H, concepita bene, nata benissimo, cresciuta ancora meglio, nonostante le limitazioni tecniche imposte. Nonostante un difficile scontro sul piano power unit contro i migliori interpreti del relativo regolamento tecnico vigente. La Mercedes.
Eppure, l'esasperazione tecnologica, sovente, può causare una situazione sfuggente, finanche la crisi della componentistica ausiliaria. Nella fattispecie, l'incremento del rischio connesso agli errori di valutazione, nei limiti di una finestra temporale esigua relativamente l'importanza di scelte ed indirizzi di sviluppo in corso d'opera. Questo potrebbe spiegare il caso Sepang, sempre che, in codesta sede, non si incorra in presunzione di analisi. In Giappone potrebbe valere lo stesso film, sebbene una candela difettosa ha motivo di esistere, di sfuggire a controlli severi, di trovarsi in un lotto di qualità.
Se la SF70H è stata sapientemente gestita e sviluppata dalla nuova GES di Maranello, restano dubbi sul concepimento, su quanto vi sia della vecchia guardia nel progetto 668. Un eventuale dato di fatto inquantificabile per mancanza di prove. Solo per il momento, una semplice curiosità, un aspetto relativo in rilevanza, uno spettro da scacciare definitivamente con un progetto monoposto 2018 ancor più vincente.
La Ferrari si trova in una condizione di rinvio a giudizio, una sorta di riesame per riuscire a dimostrare di aver trovato ed assimilato la metodologia di lavoro corretta, fuori e dentro la pista. Per accertare quella lungimiranza tecnica, mancante dall'era Todt, apparsa come una concreta potenzialità nell'andamento della stagione corrente. Una realtà legata alle future conferme, una sentenza definitiva che renderà giustizia alla completa rinascita del cavallino rampante.
La Rossa sarà in lotta coi soliti rivali in pista, pur sempre in un clima non ideale. Una serie di variabili, di condizioni al contorno, indigeste per la fantasia, la vitalità progettuale e di sviluppo.
Una dura battaglia in divenire, su più alte sfere, per scardinare un sistema moderno tendente verso una ingessatura tecnologica crescente, verso un malcostume diffuso nella gestione degli eventi. Una filosofia distorta, gravemente incurante delle identità tecnico-progettuali di tutti, irrispettosa dei principi cardini della vera Formula 1.
Gianluca Langella.
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