ORARI TV
SKYSPORTF1HD
Giovedi 20 Maggio

Libere 1 Ore 11:30 - Libere 2 Ore 15:00
Sabato 22 Maggio
Libere 3 Ore 12:00 - Qualifiche Ore 15:00
Domenica 23 Maggio
Gara Ore 15:00

DATI CIRCUITO
umero di giri 78
Lunghezza circuito 3.337 km
Distanza di gara 260.286 km
Giro record 1:14.260
Max Verstappen (2018)
ALBO D'ORO PILOTI
VITTORIE
Schumacher, Hamilton 6
Prost, Mansell, Hakkinen 3
Senna, Räikkönen, Alonso 2
Vettel, Verstappen 1
Button, Rosberg 1

POLE POSITION
Schumacher 7
Hamilton 6
Senna 4
Häkkinen, Räikkönen, Rosberg 2
Mansell, Prost, Alonso 1
ALBO D'ORO COSTRUTTORI
VITTORIE
Ferrari 12
McLaren 8
Williams, Mercedes 7
Lotus 6
Red Bull 3
Renault 1

POLE POSITION
Ferrari 13
Mercedes 9
McLaren 8
Williams 6
Lotus 5
Red Bull 2
Renault 1

“È proprio vero, Schumi”
Formula 1 La vita andrebbe vissuta al contrario


michael schumacher f1 schumi 50| Michael Schumacher, 50 anni - Foto by GettyImages |
Cinquanta candeline, mezzo secolo. Un’esistenza vissuta intensamente, tra trionfi memorabili e sfide impossibili. Nel momento più delicato della vita di Schumi, l’omaggio è riservato all’uomo, in una ricerca che tenta di afferrare quel mistero celato dietro l’immagine del robot. Buon compleanno, Michael e keep fighting.


L
a vita andrebbe vissuta al contrario, dice Woody Allen. È un po’ come sfogliare certi libri e scrollarsi subito di dosso la paura della morte. Il capitolo di oggi è, per Schumi, non l’ultimo, ma il primo di un nuovo libro dalle tinte tristi e sconosciute: i suoi tifosi e i sostenitori, ma anche i detrattori e i nemici, vorrebbero sapere come sta. Tutti, oggi, in qualche modo, gli vogliono bene. È la riscoperta della fragilità di un uomo che per oltre vent’anni è sembrato invincibile in pista e intoccabile fuori.

Il nastro gira all’indietro e troviamo un Michael, sette volte campione del mondo, con 91 trofei in bacheca e svariati record (pole position, giri veloci…). È il 2012 e il tedesco è alla sua ultima stagione in Formula 1. Parla italiano, ci prova, si lascia andare all’imperfezione che un tedesco mai dedito particolarmente a imparare la lingua ferrarista porta con sé. Fragilità. Umanità. Persino umiltà manifesta! Proprio lui, che potrebbe permettersi qualunque cosa con i numeri che ha collezionato in carriera. La macchina (Mercedes) non è buona, sono stati tre anni al di sotto delle aspettative. L’età non è a suo favore (43 anni, a certi livelli, si fanno sentire).
Eppure ottiene una pole a sorpresa, non valida nel computo delle statistiche ma concreta, storica, quasi commovente. A Montecarlo, dove non è nuovo a qualifiche leggendarie su macchine trascurabili. Nel 1996, al primo anno in rosso, il suo giro fu una lezione al mondo che lo guardava, anche a quel Jean Todt che, forse, non aveva ancora compreso appieno il fuoriclasse che aveva piazzato sulla Ferrari insieme a quel numero 1 sul musetto. A Montecarlo dove, il 15 maggio 1994, Michael corse per la prima volta nella sua vita senza il suo rivale prediletto. Ayrton Senna.

In questo nastro che gira al contrario, scorrono istantanee dei primi anni 2000: immagini di trionfi, di bandiere ferrariste, di salti sul podio e pugni resi ancora più stretti dalla convinzione di avercela fatta. Perché solo chi ha coscienza dello sforzo necessario ad arrivare così in alto, tra gli dei, può comprendere ciò che gli osservatori esterni, estasiati da numeri da circo e numeri da tabelle, possono solo intuire. A Suzuka, dopo una gara all’ultimo millesimo vinta contro Mika Hakkinen, le mani sul casco, Michael non ci crede: l’uomo e la sua Ferrari ce l’hanno fatta. Poi, tra tutti i fotogrammi del film, subentra il più emozionante, il più umano: il bacio a Corinna, un bacio dolce e al contempo rabbioso, prima di salire sul podio. Il nastro continua a girare e ci riporta al 1994.
Per capire il motivo di quella che, per molti, è diventata una certezza, ovvero la disumanità di Schumacher, è necessario tornare all’origine di questo imprinting mediatico. La sua freddezza, la forma del prototipo vincente, di un pilota predestinato a vincere. Ecco chi appare agli occhi lucidi di Imola. Ma l’uomo? Nel 1994, due settimane prima di Monaco, in quel primo maggio dannato, avviene il maledetto fraintendimento. Schumi sorride, a stento ma sorride, su quel podio sporco, insozzato da un cinismo che né la morte di Roland né quella di Ayrton sono riuscite a smorzare. Schumi ha corso, ha vinto, ha fatto quello che la FIA ha voluto.

Ha corso come un ragazzo di poco più di vent’anni che qualche ora prima aveva scambiato l’ultimo saluto col suo rivale e amico, quel brasiliano che da ragazzino ammirava nelle gare, di cui teneva i poster in cameretta. Un idolo divenuto di colpo rivale, a un passo, a pochi metri, a pochi centesimi. Finalmente è possibile, l’intoccabile è diventato un avversario alla pari. A Michael, quel sorriso appena accennato scaturito dalla soddisfazione di aver vinto ancora una volta, anche a Imola, le persone non glielo perdoneranno mai. Il problema è sempre lo stesso: si guarda il risultato ma non la fatica.

Sul podio Schumi non sapeva un bel niente. Briatore, uno dei primi a venire a conoscenza della morte di Senna, non informa Michael. Il «briatorismo» che ha sporcato più volte la F1, rischiando di macchiare talenti del calibro di Schumi, ma anche Alonso, va in scena nella sua quintessenza. Quando viene a sapere la verità, Michael piange, un fotografo ruba quell’immagine, subito evanescente, perché evanescente è la sfera privata di Michael, nascosta, come oggi, celata in una privacy degna, rispettabile, anzi, «da rispettare».
Una sola altra volta Michael piangerà davanti alle telecamera, quando eguaglierà le vittorie di Ayrton Senna. Da quel giorno, scacciato forse il fantasma di quell’avversario, di quell’amico (sì, i rapporti si erano distesi, i due collaboravano anche per la sicurezza in Formula 1, con buona pace dei giornalisti che vedevano odio e nient’altro tra i due) scomparso nel momento in cui, per tante ragioni, era indispensabile, in pista e fuori, al ragazzo di Kerpen, Schumacher diventa il Kaiser, l’imbattibile, l’inarrivabile per chiunque. Ci prova un arrembante, spocchioso e velocissimo colombiano; ci prova un giovane finnico di ghiaccio dal talento enorme riconosciuto dallo stesso Michael; ci prova persino il fratello; ci prova Alonso, che con la ferocia giovanile e un pizzico di fortuna riesce a spodestarlo, appena dopo la novantunesima vittoria in carriera di Schumacher.

Ecco rintracciato, forse, anche il movente di un delitto che ha «ammazzato» la Formula 1 con i ripetuti e strepitosi successi di un inarrivabile pilota: non è stata la freddezza da robot a trascinarlo, caratteristica innegabile, certo, ma non fondamentale del Kaiser, piuttosto il suo lato umano, quella parte emotiva capace di tremare, e tanto, in quel maggio di tanti anni prima; quella paura da superare e quel bisogno urgente di andare oltre, di annichilire qualunque numero, qualunque record. Di mettersi in paro col destino. Troppa umanità, per un sette volte campione del mondo? Troppa, per uno che ha vinto come ha vinto lui?

Ancora una volta, è questione di prospettiva: per chi è abituato a calcolare numeri senza la coscienza dello sforzo che vi è dietro, l’umanità di Schumi resterà un fantasma. Chi riuscirà a guardare al di là della siepe, tra le emozioni private, troverà un uomo di cinquant’anni, in piedi sul gradino più alto del podio, tra le mani la coppa del più scandaloso dei talenti, del più osceno e miracoloso dei pregi: la fragilità. La vita, si dice, è un cerchio che si chiude. Auguri, Michael. La tua fragilità sarà la tua forza.

Claudio Santoro.

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