Sakhir. Domenica, in Bahrain, è andata in scena una gara dai contorni senza dubbio esaltanti: problemi di affidabilità, frequenti sorpassi agevolati dal nuovo DRS, strategie rischiose, a volte confusionarie. Tutto giusto, tutto lecito in questa Formula 1 che tenta di rinascere e in parte riesce anche nell’impresa. Ma il nocciolo della questione è un altro. E non riguarda il singolo pilota.
Tanto culo. Queste le prime parole di Toto Wolff ai microfoni italiani dopo la vittoria di Lewis Hamilton sul circuito di Sakhir. Una gara vinta appunto “per culo”, in quantità non trascurabile, considerando il dramma sportivo di Charles Leclerc e la situazione di Sebastian Vettel, più complessa e problematica, più umana e meno tecnica.
A meno che la battuta non fosse un riferimento al fondoschiena della bella e sveglia Federica Masolin, Toto ha parlato onestamente della sua visione di gara: tanto culo sì, perché le prestazioni in Ferrari c’erano. Le premesse cantavano “doppietta”. E nelle fabbriche di Maranello si lavora per individuare il parametro “culo”, si cerca di tirare un bilancio di una stagione iniziata male e proseguita al suo secondo appuntamento anche peggio.
In Bahrain, secondo appuntamento in ordine cronologico ma primo vero “grido” della stagione 2019, qualcosa è andato storto. Sulla vettura di Charles, è avvenuta una evidente defaillance lato power unit, quel che è stato, insomma, coi suoi dubbi, i suoi misteri. Sebastian si è ritrovato a dover fagocitare il proprio alettone anteriore, divenuto instabile e poi staccatosi a causa di spiattellamenti agli pneumatici... tra frenate troppo dure e testacoda. Per dire che si può parlare di culo, di sfiga, ma solo fino a un certo punto.
La Mercedes si dice possa contare su un budget leggermente superiore rispetto a quello Ferrari. Un numero che fa statistica ma che, in teoria, non dovrebbe fare la differenza. I risultati, però, danno ragione alla tecnica e all’efficienza tedesca di questi anni. Ma nella storia del motorsport a quattro ruote, la sfida tra Ferrari e Mercedes o, ancora meglio, tra Italia e Germania, va avanti da quasi un secolo.
In Bahrain, secondo appuntamento in ordine cronologico ma primo vero “grido” della stagione 2019, qualcosa è andato storto. Sulla vettura di Charles, è avvenuta una evidente defaillance lato power unit, quel che è stato, insomma, coi suoi dubbi, i suoi misteri. Sebastian si è ritrovato a dover fagocitare il proprio alettone anteriore, divenuto instabile e poi staccatosi a causa di spiattellamenti agli pneumatici... tra frenate troppo dure e testacoda. Per dire che si può parlare di culo, di sfiga, ma solo fino a un certo punto.
La Mercedes si dice possa contare su un budget leggermente superiore rispetto a quello Ferrari. Un numero che fa statistica ma che, in teoria, non dovrebbe fare la differenza. I risultati, però, danno ragione alla tecnica e all’efficienza tedesca di questi anni. Ma nella storia del motorsport a quattro ruote, la sfida tra Ferrari e Mercedes o, ancora meglio, tra Italia e Germania, va avanti da quasi un secolo.
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Nella cosiddetta “Formula 1 preistorica”, un primo, emozionate duello dai tratti storici, epici, è avvenuto nel 1935, con Tazio Nuvolari vittorioso contro un esercito di ben sei Silberpfeile, contro ogni aspettativa tecnica, di fronte agli occhi di quasi mezzo milione di tifosi tedeschi sparpagliati lungo la pista del Nürburgring, senza contare le alte cariche del Reich e la presenza stessa del Führer.
Altri tempi, altre storie, buone da vedere in qualche filmato d’epoca, ma che hanno ben pochi legami con la Formula 1 odierna e un gran premio del Bahrein 2019 che porta alla luce tante storie umane. Dall’incisività ritrovata di un Kimi in tenuta Alfa Romeo, alla tenacia (e soprattutto alla velocità) del rookie Norris, il cui unico svantaggio, quest’anno, è quello di non potersi confrontare con Fernando Alonso.
Lo scontro tra italiani e tedeschi, però, rimane, anzi ritorna. Negli anni Trenta un’Alfa Romeo, oggi Ferrari. Il nemico, sportivamente parlando, è sempre lo stesso: Mercedes-Benz. Nel periodo più emozionate e glorioso della Ferrari moderna, quello rappresentato dal duello tra Mika e Kimi su McLaren da una parte, il Kaiser su Ferrari dall’altra, l’ombra discreta (si fa per dire) della Mercedes era già presente, in quanto motorista delle MP4 progettate da Newey.
Anche qui, a voler giocare con le coincidenze, l’imperatore (Kaiser) era un tedesco, il più forte di tutti. E giocò la sua miglior partita a favore dell’Italia ferrarista. Ma quella Ferrari, inutile dirlo, non esiste più. Ne esiste un’altra, magari capace di raggiungere risultati simili, ma assolutamente non paragonabile a quella dell’asse Brawn-Todt-Byrne-Schumacher.
Altri tempi, altre storie, buone da vedere in qualche filmato d’epoca, ma che hanno ben pochi legami con la Formula 1 odierna e un gran premio del Bahrein 2019 che porta alla luce tante storie umane. Dall’incisività ritrovata di un Kimi in tenuta Alfa Romeo, alla tenacia (e soprattutto alla velocità) del rookie Norris, il cui unico svantaggio, quest’anno, è quello di non potersi confrontare con Fernando Alonso.
Lo scontro tra italiani e tedeschi, però, rimane, anzi ritorna. Negli anni Trenta un’Alfa Romeo, oggi Ferrari. Il nemico, sportivamente parlando, è sempre lo stesso: Mercedes-Benz. Nel periodo più emozionate e glorioso della Ferrari moderna, quello rappresentato dal duello tra Mika e Kimi su McLaren da una parte, il Kaiser su Ferrari dall’altra, l’ombra discreta (si fa per dire) della Mercedes era già presente, in quanto motorista delle MP4 progettate da Newey.
Anche qui, a voler giocare con le coincidenze, l’imperatore (Kaiser) era un tedesco, il più forte di tutti. E giocò la sua miglior partita a favore dell’Italia ferrarista. Ma quella Ferrari, inutile dirlo, non esiste più. Ne esiste un’altra, magari capace di raggiungere risultati simili, ma assolutamente non paragonabile a quella dell’asse Brawn-Todt-Byrne-Schumacher.
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Quella è un’epoca irripetibile. E il tifoso ha il dovere di accettarlo per poter amare, senza rabbia o disillusione, ciò che Maranello ha da offrire oggi: un giovanissimo monegasco che fa innamorare i tifosi e un quattro volte campione del mondo (tedesco, ma guarda un po’) che quando è in forma, mentale e fisica, è capace di lasciare avversari a trenta secondi di distanza.
Il problema, semmai, è che la Mercedes di oggi è il team più vicino alla Ferrari di quell’epoca d’oro coronata dal settimo titolo mondiale di Schumacher nel 2004. Lo è per tante ragioni: per la serenità con cui si discutono i problemi ai box; per quei sorrisi che, al di là del risultato finale, gli uomini Mercedes riescono a manifestare, al contrario di quelli di Maranello. E infine, la dote più potente, quella portata in dono dal tempo: la continuità.
È dal 2014 che il mondiale è affare di Stoccarda. Nel 2019 potrebbe essere il sesto titolo mondiale consecutivo. È anche questo che dà sicurezza agli uomini Mercedes. Un ciclo che pare indistruttibile, il loro, in virtù di quelle non-virtù a cui la Ferrari deve rimediare. Perché questa sfida che si ripete ormai da anni e che domenica scorsa ha coinvolto un nuovo, giovane protagonista, ha il fascino di una guerra sportiva epocale, nata quasi un secolo fa.
Il problema, semmai, è che la Mercedes di oggi è il team più vicino alla Ferrari di quell’epoca d’oro coronata dal settimo titolo mondiale di Schumacher nel 2004. Lo è per tante ragioni: per la serenità con cui si discutono i problemi ai box; per quei sorrisi che, al di là del risultato finale, gli uomini Mercedes riescono a manifestare, al contrario di quelli di Maranello. E infine, la dote più potente, quella portata in dono dal tempo: la continuità.
È dal 2014 che il mondiale è affare di Stoccarda. Nel 2019 potrebbe essere il sesto titolo mondiale consecutivo. È anche questo che dà sicurezza agli uomini Mercedes. Un ciclo che pare indistruttibile, il loro, in virtù di quelle non-virtù a cui la Ferrari deve rimediare. Perché questa sfida che si ripete ormai da anni e che domenica scorsa ha coinvolto un nuovo, giovane protagonista, ha il fascino di una guerra sportiva epocale, nata quasi un secolo fa.
E quando in ballo c’è così tanto, l’adrenalina sale, gli input emozionali aumentano e a guadagnarci è solo l’appassionato di uno sport che, forse proprio grazie alla stella Mercedes e al cavallino Ferrari, potrebbe rinascere e tornare ai fasti di un tempo. La storia c’è. I protagonisti pure, con tanto di passato tormentato.